Oltre il Vesuvio
capitolo 2 parte terza
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Assuntina Cannetiello aveva una dote meravigliosa: pensava poco. Ciò che per lei era di primaria importanza era tenere la  casa in perfetto ordine e pulizia. La stanza più facile da pulire era la sua camera da letto che di giorno chiudeva a chiave per evitare che i suoi figli ci entrassero e si mettessero a saltare o anche solo a sedere sul letto. Una volta che aveva stirato ben bene le coperte con le mani e aveva bombato bene i guanciali come se nessuno ci avesse dormito, fino a sera quel letto doveva rimanere inviolabile e inviolato. Se Lino aveva sonno al pomeriggio, che dormisse sul divanetto in cucina! Era scomodo, vero, con quel materassino sottile e i braccioli duri, ma se uno ha sonno dorme pure per terra, pensava.
I mobili della camera da letto glieli aveva regalati sua nonna. Erano di seconda mano, ma ancora buoni. Le piaceva soprattutto lucidare il marmo del comò dove aveva appoggiato l'unica foto del suo matrimonio, se così si poteva definire una mattinata al Comune di Napoli. C'era lei con la sua faccia da bambina in un vestito beige che le lasciava scoperte le belle gambe e si raggrinzava sul ventre rotondo di donna gravida. I capelli allora erano tutto un mare di boccoli castani abbelliti da una coroncina bianca di finte margherite. Il bouquet di rose bianche in mano e le scarpe con il tacco prestatele da una cugina. Lino al suo fianco era giovane magrolino, traballante in un completo blu di almeno una taglia più grande che alla fine della cerimonia avrebbe restituito al fratello di un suo amico. I capelli allora li portava un po' lunghi sulla fronte, ma ben pettinati. Era raggiante, felice perché ancora ingenuo.
Al centro del comò Assuntina aveva posto una statua della Madonna Immacolata di circa trenta centimetri, adornata con due coroncine del Rosario acquistate durante un paio di pellegrinaggi con la comunità parrocchiale. Ai piedi di essa erano poste le foto dei nonni deceduti e di un fratello della nonna materna morto in guerra. Ogni mattina si inginocchiava lì davanti, si faceva il segno della croce e recitava un 'Eterno riposo'. I morti si sapeva, per proteggerla dall'Alto avevano bisogno delle preghiere dei loro cari per passare dal Purgatorio al Paradiso e lei era pronta ad aiutarli in questo passaggio.
Nella stanza accanto introdotta da un piccolo ingresso, c'era la camera dei suoi figli, tre di essi perché Maria Concetta dormiva in mezzo a lei e Lino. C'era un letto a castello a destra in ferro rosso, tutto traballante e scorticato dal tempo o forse dagli acidi dei detersivi. Completavano l’arredamento una scrivania, una sedia in legno e paglia, un mobile con un'anta che non si chiudeva e un lettino pieghevole che aprivano alla sera perché se fosse rimasto aperto di giorno in quella stanza non ci si poteva più entrare tanto era piccola.
Il pavimento era consumato ma pulitissimo. Le tende e le lenzuola profumavano di bucato. Su uno scaffale c'erano dei libri di scuola piuttosto usurati, su un altro dei pelouche di vari animali con il pelo consumato per i tanti lavaggi.
Verso le undici e mezza Assuntina prendeva Maria Concetta, la legava nel passeggino e si avviava verso il mercato del borgo di Sant'Antonio per prendere il necessario per il pranzo o per la cena.
Adesso che Lino aveva trovato un altro lavoro i soldi arrivavano puntuali ogni settimana. Finalmente poteva comprare il necessario per pranzo e cena. Bastava questo a renderla felice.

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