Emilia
Capasso
RACCONTI
DI DONNE
Non abbiate paura
di scrivere di ciò che vi angoscia,
abbiate piuttosto
paura di scrivere di ciò che non conosceste.
E.C.
LA
LUNA E IL SOLE
te
Mi sei apparso come
un sole rovente
mentre mi gelavo
nella mia tomba.
Mi hai riscaldato e
sono rinata.
Tendo la mano
tremante, ma sei irraggiungibile.
Come la luna e il
sole siamo separati in eterno.
Per un attimo io ti
vedo e mi deve bastare.
Soffro, perché
anche questo è amore.
Amore è, desiderio
insoddisfatto.
Dove sei stato fino
a quel giorno io lo ignoro.
Di questa mia
esistenza ignoro tutto.
E ora che in parte
ne fai parte
sono felice di
essere nata.
Verso il buio
La
Porche nera percorreva a velocità moderata le stradine tortuose che
collegano Rio Maggiore a Lerici. Alla sua sinistra s’innalzava il
ripido promontorio. Alla sua destra la vista precipitava sul Golfo di
La Spezia, calmo, docile, piatto come una tavola spennellata. Era una
splendida giornata di fine maggio. Il sole stava tramontando
abbracciato da cangianti, romantiche sfumature di rosso e di arancio.
La strada era deserta. Dalle finestre delle varie abitazioni, si
potevano scorgere donne intente a preparare la cena, mentre i loro
bambini saltavano allegri nei cortili all'ombra. Nell'aria si poteva
persino sentire un confuso profumo di ragù e di carne arrostita.
In
un piccolo parco, alcune ragazzine chiacchieravano e ridacchiavano
serene, sedute sullo schienale in ferro di una panchina.
Alla
loro vista, la donna al volante della Porche nera provò un misto di
nostalgia e di invidia. Sembrava ieri, eppure erano passati anni da
quando si era potuta concedere il lusso di perdere pomeriggi interi a
non far nulla se non a divertirsi e rilassarsi con le sue amiche di
scuola. In quegli anni brevi come il tempo che impiega un'onda a
infrangersi sugli scogli, mai avrebbe immaginato gli avvenimenti
degli ultimi tempi, mai avrebbe potuto prevedere il suo destino, mai
avrebbe pensato di finire lì su quella strada, in un caldo
pomeriggio di primavera, in preda alla più totale disperazione.
A
strapparla per un attimo da questi pensieri angoscianti furono due
giovani a bordo di una moto di grossa cilindrata, che sprezzanti del
pericolo superarono l'auto sfiorandola di poco e lasciandole addosso
una scia di benzina maleodorante, polvere e granelli di asfalto.
Tesa
al volante, la donna aveva gli occhi umidi e arrossati per il recente
pianto. Il vento fresco che entrava violento dal finestrino aperto,
le scompigliava i lunghi capelli neri, i quali, con un ritmo
impreciso e spezzato, le coprivano e le scoprivano metà volto come
una dolce carezza e un affettuoso solletico.
Ad
un tratto, la sua mano destra tremante abbandonò per un attimo lo
sterzo e con un gesto rapido quasi di stizza, tirò via una lacrima
rimasta in sosta dietro una narice. Si guardò le gambe. Ora, tutto
il suo corpo tremava. Tirò su con il naso, si aggiustò alla meglio
i capelli, asciugò le lacrime intorno agli occhi prima che potessero
scivolarle sul viso, inspirò profondamente. Infine cominciò, piano,
con massima concentrazione, a premere decisa sull'acceleratore.
40-50
km
Gli
avvenimenti degli ultimi giorni divennero come diapositive nella sua
mente.
«
Mi dispiace, davvero! » aveva detto con sincerità a Vittorio, che
se ne stava in piedi a fissarla con uno sguardo misto di amore
disperato e di odio.
«
Non ti credo, sei un’ipocrita! » le aveva risposto. « Da quanto
tempo ci stavi pensando su? Hai aspettato di ottenere quella
promozione per lasciarmi! Mi fai schifo! »
«
Non è così, io non ti volevo vedere soffrire, per questo non avevo
il coraggio di lasciarti! »
50-60
km
«
Ti ho dato tutto ciò che una donna può desiderare e tu mi ripaghi
così? »
70-80
km
L’auto
voltò in una curva stretta e i freni stridettero, mentre Emma cercò
con non poche difficoltà, di non perderne il controllo. Non era
ancora giunto il momento, doveva mantenere la calma, per quello che
poteva.
Giunse
sul rettilineo che portava fuori dal paese. Ad un certo punto, dopo
un’ennesima curva sapeva che avrebbe costeggiato uno strapiombo di
circa 50 metri di altezza, che precipitava direttamente sugli scogli
e sul mare calmo della sera. Lì sapeva che mancava un pezzo di
guardrail. Lì sapeva quanto sarebbe stato più facile fare ciò che
voleva fare. Lì sapeva che era scritto il suo destino.
Improvvisamente
si ricordò di un giorno, due anni prima, in cui Vittorio era tornato
dal lavoro prima del previsto, senza avvisarla come invece era solito
fare. Aveva aperto la porta con le chiavi, senza bussare. Lei, che
stava spolverando i mobili in tutta tranquillità, aveva subito
smesso, avendo notato anche il suo volto stranamente contratto e
serio. Lo aveva fissato incredula, sorpresa, un po' impacciata senza
neanche sapere il perché. E subito si era sentita in colpa, pur non
conoscendone affatto le ragioni. A Vittorio era bastato. Si era
diretto in ogni stanza, spalancando le porte come un pazzo furioso,
come se stesse cercando qualcuno.
Poi
era tornato da lei in cucina, lei che era rimasta impietrita, ancora
con lo straccio della polvere in mano.
Lui
l'aveva fissata severo. < Con chi stavi parlando? >
<
Parlando? > ripeté imbarazzatissima. Da sempre era solita parlare
da sola. Immaginava un interlocutore qualsiasi, una delle sue amiche,
non importava quale, immaginava che fosse lì ad ascoltare di tutto,
dai fatti banali del quotidiano ai suoi segreti più intimi. Ora lui
l'aveva scoperto e ciò la tormentava molto di più che se avesse
trovato un amante in casa. Quei monologhi-dialoghi immaginari, erano
il suo segreto più profondo. Un po' se ne vergognava, temeva di
essere presa per pazza, per questo non avrebbe mai voluto che se ne
accorgesse. Ma ora..
<
Non parlavo con nessuno! >
<
Da fuori sentivo. Ho sentito chiaro e forte che parlavi! >
Lei
si lasciò cadere su una sedia della cucina. Il volto basso. Lo
straccio della polvere che subiva i suoi maltrattamenti. Vittorio la
stava stuprando e non se ne accorgeva.
<
Ecco qua, ci siamo pure ridotte a parlare da sola! >
<
Posso sapere cosa sta succedendo? > disse con un filo di voce
senza alzare lo sguardo dal pavimento.
<
Vorrei saperlo io da te. Ultimamente sei, come dire, molto assente.
Spesso a casa non ci sei e non so dove sei. E poi, se non mi sbaglio,
per ben due volte sono tornato a casa e ho trovato quel tuo collega,
qui, in casa mia, da solo con te. >
<
E' un amico. >
<
Si, certo! Perché allora non viene a trovarti quando ci sono io? >
>Perché
è un mio amico e tu di certo non è che ti sei mostrato molto
simpatico con lui ultimamente. >
<
E vorrei vedere! Ho visto come ti guarda, come gli si illumina il
viso e anche tu sei tutta felice e sorridente quando lo incontriamo
per strada. Ma piantala! A chi vuoi prendere in giro? Avete una
relazione! >
<
Coosa? Assolutamente no, ma come ti viene in mente? Per chi mi hai
preso? Ti ho sempre detto che se mi fossi innamorata seriamente di un
altro ti avrei lasciato, piuttosto che tradire e fare quei squallidi
sotterfugi, no, non è il mio stile! >
<
Non è il tuo stile...forse no, però farlo venire qui quando
io non ci sono...>
<
Dovevamo parlare di lavoro, non siamo riusciti a finire un progetto,
tutto qua! >
<
Si, si, va bene, inventa pure tutte le scuse che vuoi, ma io in casa
mia non ce lo voglio vedere più e anche tu, al di fuori del lavoro,
non farti mai più vedere con lui, altrimenti...>
Premette
un po’ di più sull’acceleratore.
80-90
km
Ora
sentiva chiaramente il rombo del motore.
<
Voglio io la custodia dei bambini. >
<
Perché? Io posso occuparmene, voglio occuparmene! >
<
Sciocchezze! Sei una donna instabile, guardati, non curi più
l'abbigliamento e mi sbaglio? E hai messo su anche qualche chiletto?
Devi curarti cara, altrimenti alla tua età rischi di rimanere
sola...>
<
Che sciocchezze dici? E poi cosa c'entra con i bambini? >
<
C'entra, c'entra....sei così stralunata che hai lasciato la posta
aperta sul portatile. >
<
Il mio portatile? E cosa ci facevi tu con il mio
portatile ?>
<
Ma era lì sul comò pensavo non lo volessi più..>
<
E sei entrato nella mia posta? >
<
Era aperta...>
<
Come era aperta? >
<
L'hai lasciata tu aperta..>
<
Bé allora non sarai andato di certo a curiosare come l'altra volta?
>
<
E invece si. >
Rimase
lì zitta e immobile cercando di fare mente locale e ricordare se
nelle ultime mail c'era qualcosa che lui non avrebbe dovuto
leggere...Oh no!
<
Questo tuo amico, come si chiama...ah si...Davide.. cos'è che ti
piace di lui? Ne hai parlato con la tua amica Monica, o mi sbaglio?
Hai detto che provi una “forte attrazione fisica e non
solo”...brava brava...>
<
Ma non c'è nulla tra di noi, solo amicizia..>
<
Però non neghi che ti piaccia...>
<
Come hai osato aprire la mia posta?>
<
Era aperta...>
<
Comunque tra di noi non c'è nulla.>
<
Questo è da vedere, magari lo chiedo a lui o a sua moglie..>
<
Vuoi fare un polverone partendo da una frase detta via mail? >
<
Si. >
<
Davide è una persona meravigliosa...è un amico...sono solo io
attratta da lui, ma è solo una fantasia...>
<
Ah bé, questo cambia tutto!> ironizzò.
<
Ti prego lascialo fuori dai nostri problemi..Ne ha già di suoi >
<
Vedremo. Tu cerca di fare la brava se no i bambini non te li faccio
vedere più! >
<
Lascia fuori dalla nostra storia Davide...tu non immagini neanche
lontanamente che persona meravigliosa sia...>
<
Bene, se ci tieni così tanto a lui, alla sua serenità, allora
accetta le mie condizioni per la separazione. >
Il
suo cuore prese a battere forte, sembrava volesse uscirle dal petto e
le faceva male, un dolore persistente e lacerante. Intanto, tremava
tutta come una foglia al vento, tanto che faceva persino fatica a
tenere le mani salde sul volante.
Ad
un certo punto sapeva che avrebbe dovuto dare un colpo deciso di
acceleratore e la sua auto, la sua bella auto comprata un anno prima
in occasione del suo 35 esimo compleanno, invece di seguire la strada
che voltava a gomito verso sinistra, avrebbe proseguito dritto dritto
nel bel mezzo del guardrail mancante.
Sarebbe
durato poco.
Sarebbe
stato come volare.
Souvent,
pour s’amuser, les hommes d’équipage
prennent des albatros, vastes oiseaux des mers.....
leurs grandes ailes blanches....
Lui, naguère si beau, comme il comique et laid....
Le poète est semblable au prince des nuées
Qui hante la tempête.....
Exilé sur le sol....
Ses ailes de géant l’empêchent de marcher.1
E
poi precipitare,
come
un uccello dalle ali spezzate,
inesorabilmente
in picchiata,
roteando
inerme,
deluso
e sconfitto,
verso
il suo tragico destino.
Magari
proprio un albatros, maestoso uccello che amava tanto dopo aver letto
quella poesia all'università.
Non
avrebbe sofferto molto. L'impatto con le rocce sporgenti l’avrebbe
stordita se non uccisa sul colpo. Poi, finalmente, dopo tanta
angoscia, dolori e tormenti, avrebbe trovato la pace. Niente più
rancori né sensi di colpa, perché solo con la propria morte le
persone pagano definitivamente il caro prezzo dei loro sbagli.
Immaginò
i volti allegri dei suoi figli, i loro occhi grandi e profondi, i
loro sorrisi aperti e sereni.
Prese
a singhiozzare. Le lacrime cominciarono ad annebbiarle la vista,
vedeva come se stesse piovendo a dirotto e, impazzita, si rifiutasse
di azionare il tergicristallo. Eppure, in quel misto di confusione e
di pianto, riuscì tuttavia a scorgere a pochi metri da lei qualcosa,
un guizzo, un’ombra che proprio in quell’istante le tagliava la
strada da sinistra a destra. Sembrava un gatto. Un gatto nero.
Senza
pensarci due volte, Emma a due mani sterzò.
(continua)
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