Io mi salverò

racconto di
Emilia Capasso


Ada viveva da sola con il suo gatto. Quindi Ada non era sola, aveva un gatto. Ma il suo gatto non parlava, non raccontava barzellette, non l'accompagnava al supermercato, né vedeva film con lei ridendo delle battute o soffiandosi il naso nelle scene più tristi.
Ada non era bella, rispetto a ciò che la società considerava bello. Ada era normale ed era sola.
Ada non era più giovane, lo diceva la sua carta d'identità. Lo raccontavano i suoi occhi, le sue mani e le rughe intorno alla bocca. Lo testimoniava anche il fatto che ridere era diventata un'attività insolita.
Ada aveva tante amiche e non le aveva. Nel senso che quando più aveva bisogno di loro, le incombenze quotidiane impedivano di chiacchiarare davanti a un caffé.
Se avesse potuto descrivere il suo piccolo mondo lo avrebbe definito così: una folle folla di individui soli.
Ma Ada era religiosa. Se Dio aveva deciso quella vita per lei era giusto che fosse così. Pregava tanto perché Lui potesse darle quel calore che le mancava. Purtroppo, nonostante la sua incrollabile fede, l'aria intorno a lei sembrava vuota. Le sue braccia, le sue spalle, le sue gambe avvertivano la vuotezza dello spazio intorno a lei. Ed era una sensazione terribile.
Camminare in giro per il centro, soprattutto nel weekend, era diventata una tortura. Notava solo coppie giovani e meno giovani che si tenevano la mano, le braccia intorno alle spalle, o si limitavano a camminarsi accanto. Si chiedeva perché a lei quella normalità era negata. Guardava il suo riflesso nelle vetrine dei negozi. Non era affatto brutta, anzi, gli uomini spesso si giravano per guardarla. Tuttavia dal guardare al mostrare un serio interesse sembrava ci fosse un solco invalicabile. E poi si sa che gli uomini guardano per guardare, non vedono, fanno scivolare gli occhi sulla superficie di un volto, di un corpo.
Una sera di dicembre nella quale in TV non c'era proprio nulla di bello da vedere, Ada decise dare uno sguardo alla chat a cui si era iscritta un paio di settimane prima. Non aveva intenzione di incontrare nessuno a dire il vero, desiderava soltanto chiacchierare. Più che raccontare di sé, voleva sentire la presenza di un'altra vita, anche se invisibile, nel freddo della sua camera.
Lesse alcuni messaggi, osservò alcune foto. Ritornò solo su un messaggio. Le sembrò carino, diverso dal solito: «Ti va un gelato stasera?»
Sorrise e rispose: «Un gelato a dicembre?»
Aveva conosciuto così Francesco, un 42 enne milanese, dipendente di una ditta di impianti elettrici. Single da tempo, sereno, divertente, educato. Bel viso.
«Ma io vivo a Torino...ti costerà caro questo gelato!» gli aveva scritto. E lui:
«Tra un'ora e mezza sarò da te.»
Ada era già uscita con una ventina di uomini incontrati sulle chat. Soltanto due non avevano tentato di metterle le mani in mezzo alle gambe, solo perché fortemente timidi e insicuri. Questo milanese non lo era affatto. Ci avrebbe provato di sicuro, soprattutto dopo essersi sparato circa 120 chilometri per vederla. E lei di tutto aveva voglia tranne che di sentire una mano avida piallarle il corpo con la certezza che il cuore e la mente dello stesso proprietario non sarebbero stati presenti all'incontro.
Rifletté un attimo, poi si convinse che non aveva nulla da perdere. L'alternativa era restarsene a casa a leggere un libro finché il sonno non l'avrebbe sopraffatta. «Massì!» si disse. «Resterà deluso perché non avrà ciò che vuole. Io invece passerò una bella serata in compagnia.»
Quando circa due ore dopo si erano incontrati in un parcheggio, i loro occhi si erano scambiati un sorriso. Ada aveva notato e apprezzato i suoi capelli un pò lunghi e gli occhi chiari, l'altezza e l'abbigliamento: adorava gli uomini che indossavano il cappotto. Era rimasta delusa però dalla sua fisicità. Sebbene fosse molto alto, era in notevole sovrappeso. Fece spallucce nella sua mente e si disse: «Dobbiamo solo passeggiare e chiacchierare, al massimo un bacetto...»
Invece a fine serata erano finiti in auto, lei cavalcioni su di lui a baciarsi in evidente stato di eccitazione.
Lui avrebbe voluto di più, pronto a salire a casa sua, ma Ada non se la sentiva. Era troppo grasso! Se doveva essere un incontro di sesso, almeno l'occhio doveva avere la sua parte dominante! Però baciava benissimo e sapeva accarezzarla provocandole brividi per tutto il corpo. Ciò nonostante, Ada seppe dirgli di no e la serata finì con un arrivederci alla prossima, in data da stabilire.
Così era iniziata la 'tecnica' seduttiva di Francesco che di donne sole e disperate doveva averne conosciute molte, tante: messaggini al mattino di buongiorno con tanto di pupazzetto dagli occhietti dolci o tazzina di caffé fumante circondata da cuoricini. Poi vari richiami a ore sempre uguali: le 11.00; buon pranzo alle 13.00; bacini alle 16.00. Alle 17.30 chiamata telefonica con tanto di racconto della giornata lavorativa reciproca. Infine, la buonanotte delle 22.00.
Per una settimana andò avanti così. Ada non ci credeva: che avesse trovato finalmente un fidanzato su una chat? Non le risultava possibile dalla sua esperienza e da quella di amiche e amiche di amiche. Eppure Francesco sembrava così preso, almeno a parole, anche se Ada aveva avvertito come un qualcosa di meccanico, di innaturale. Ad esempio il fatto che i messaggi seguissero degli orari molto precisi. Poteva ritardare di qualche minuto, non di più. E poi quando esoridiva al telefono diceva sempre: «Buongiorno!» con un'enfasi che le trasmetteva una certa formalità. Come se seguisse un copione ben collaudato. Tuttavia Francesco c'era, era un uomo interessato a lei che non era svanito nel nulla dopo il solito tre quarti d'ora di sfregamenti corporei. Era un po' strano, sì, troppo grasso per i suoi gusti, ma con un viso fascinoso e un'aria molto sicura. Ada pensò che valeva la pena di andare avanti.
«Che farai questo weekend?» le aveva chiesto al venerdì.
«Mah, non so di preciso...» aveva detto pentendosene subito dopo. Infatti, una delle regole per affascinare un uomo, secondo un best seller americano che aveva acquistato di recente, era quella di sembrare sempre impegnate. Guai a far capire che la tua vita è monotona e solitaria! Se la danno a gambe levate. Invece lui era rimasto.
«Potremmo vederci.» Aveva avanzato con un tono tranquillo come se conoscesse già la risposta di Ada.
«Sì, va bene.» Con quelle timide parole, in pochi secondi Ada aveva dato un colpo di straccio a tutte le sue perplessità. La melodia stonata di campanellini in allarme che avevano tintinnato da quando lo aveva conosciuto si era improvvisamente zittita. Aveva focalizzato i suoi pensieri su quegli occhi verdi, sul suo modo di baciare e di toccarla e si era convinta di essere ciò che non era. Lui non poteva ferirla. Era stato chiaro, non voleva una relazione, stava bene così. Sul suo profilo facebook che Ada aveva visitato di nascosto, aveva molte più amiche che amici e sembravano tutte single dalle foto e dai profili. Donne mature e avvenenti, sparse in varie zone d'Italia. Insomma, tutto faceva dedurre che Francesco fosse un uomo che amava la sua libertà, le donne e le moto, uno standard ben noto e poco originale. Non si sarebbe affezionata a lui, non poteva con quei presupposti. Del resto non le piaceva nemmeno fisicamente, continuava a ripeterselo, tuttavia c'era qualcosa che l'attraeva un po' troppo, che faceva sì che i campanellini si zittissero a scapito di altre melodie che l'avrebbero potuta rendere più serena.
«Però c'è un piccolo problema, ho l'auto dal meccanico e prima di lunedì non me la porta. Potresti venire tu a Milano?»
Ada era rimasta un po' perplessa. Non amava spostarsi, figuriamoci per uno conosciuto in una chat. Ma ancora una volta l'istinto o forse più la paura di passare un'altra domenica a piangersi addosso le fece accettare la proposta.
Il sabato sera dopo era a Milano. Lui l'accolse in stazione con una rosa rossa. Ada si emozionò. Non ne riceveva più dall'ultima relazione dalla quale erano passati ben 3 anni. Si baciarono sulla bocca mentre lei pensava di visitare un po' Milano che aveva visto solo una volta e di sfuggita, invece nel giro di quindici minuti si ritrovò a casa di lui. Un appartamento piccolo, buio, con un arredamento vecchio, anni 60/ 70. Non c'era nulla in giro che facesse pensare che fosse abitato. Pensò addirittura che non fosse casa sua ma di qualche amico che era solito prestargliela per invitare donne di passaggio. Si sentì stringere nello stomaco. Un'improvvisa voglia di scappare si impadronì di lei, mentre lui le raccontava di suo nonno che ci aveva abitato e della cugina, la legittima proprietaria che era una stronza perché gli aveva chiesto troppo di affitto e ora minacciava anche di vendere. Ada intanto pensava ad una scusa educata per tornarsene a casa. Ma erano già le otto di sera. A proposito, dove avrebbero cenato? Forse lui aveva preparato qualcosa? Fu in quel momento che le si avvicinò e cominciò a baciarla e toccarla con una passione che sembrava macchinosa, come se quei gesti li eseguisse perchè da qualche parte aveva letto che si faceva così.
Era un uomo, Ada pensava. E gli uomini in gran parte sono così. Chiudono il cervello e cominciano a pensare con il fagotto di carne che hanno tra le gambe. Per lei che era una donna era l'opposto. Chiudere il cervello significava chiudere anche ogni ombra di desiderio sessuale. Si sentì improvisamente stanca. Lo avrebbe lasciato fare. Prima finivano meglio era. Invece qualcosa nel suo cervello fece opposizione. La sua dignità gridò in silenzio e con le mani delicatamente lo respinse.
«Cosa c'è?» le chiese lui con un tono come se quella ''strana'' fosse lei e non lui.
Chissà quante donne si era portato lì e chissà quante nel giro di pochi minuti si erano denudate, si erano fatte scopare e lo avevano scopato per poi rivestirsi entrambi in fretta e salutarsi con un freddo bacio sulla guancia. Il pensiero di essere finita in quella lista la fece sentire una merda.
«Nulla è che sono appena arrivata e non pensavo passassimo subito...»
Ada era palesemente irrigidita, a disagio. Francesco che aveva grande esperienza in fatto di donne sole e timide, aveva già pronto il piano B. Le prese il cappotto e la portò in giro per Milano. La teneva per mano, l'abbracciava, la baciava, scimmiottava il comportamento tenero di un fidanzato, ma con lo sguardo su di lei che la trapassava. Uno sguardo sempre assente, perso altrove. Lui la guardava senza vederla.
Verso le dieci si decise a portarla in un ristorantino cinese. Ada rimase sorpresa dalla povertà del luogo e delle porzioni, come era rimasta delusa dal fatto che lui non avesse pensato che di sera fosse normale aver fame e cenare ma che avesse aspettato fosse lei a chiedergli di mangiare qualcosa.
«Devo raccontarti una cosa.» le disse mentre tagliava un involtino primavera. «Io soffro di psoriasi.»
Ada inclinò il capo da un lato come per chiedere maggiori spiegazioni.
«La mia è devastante. Un anno fa sono finito in ospedale in fin di vita. Avevo la temperatura corporea altissima. Ho dovuto fare una cura drastica con medicine antitumorali che mi hanno rovinato i denti, oltre che a farmi star male. Non posso mangiare un mucchio di cose. Ecco perché mangio poco.»
Ada sorrise dentro di sé pensando a tutti gli obesi che affermavano di mangiare poco.
«Non preoccuparti non è contagiosa. E comunque ora sono a posto. Per adesso. Poi basta un po' di stress, qualche preoccupazione e se mangio fuori casa, sai cene con amici e mi riescono i gonfiori. La pelle si ispessisce, scotta e brucia, prude, un delirio»
Ada provò pena per lui. Forse era per questo che non aveva una compagna fissa. Magari le altre donne erano scappate dopo aver saputo di questo suo grave problema. Non doveva essere facile.
Dopo un po' Francesco attaccò a parlare di sua madre. Dai suoi discorsi era evidente che avevano un rapporto molto stretto. Si aiutavano e accompagnavano a vicenda, persino per l'acquisto dei vestiti. A quanto pareva a lui piaceva spendere molto in abbigliamento. Andava solo in negozi costosi, dove poteva trovare facilmente anche la taglia xxl per contenere il suo busto voluminoso. Ada si immaginò questa mamma corpulenta anche lei, con una voce squillante e accento forte milanese, che gli diceva quale camicia scegliere. Si ricordò anche che durante il loro primo incontro, lui aveva ostentato una certa ricchezza di famiglia. Aveva affermato di possedere diverse terre e case nella zona del lodigiano, proprietà che una volta morto il nonno si sarebbe spartito con il fratello e qualche cugino. Per questo era necessario che lui ogni domenica corresse dai suoi per discutere di queste faccende delicate con un padre incapace di gestire il patrimonio e l'alto rischio di perdere ciò che gli era dovuto.
Dopo questo fiume di parole su di sé e la mamma, due campanellini nella testa confusa di Ada cominciarono a tintinnare: quello riferito al rapporto di Francesco con sua madre e quello dell'attaccamento al denaro. Lui non andava dai suoi perchè gli piaceva stare insieme a loro o perché gli voleva bene, quanto per difendere i suoi interessi economici. Ada notò anche che non aveva adoperato parole gentili per descrivere i suoi familiari, tranne che per sua madre. Ecco perchè era così rotondetto: rapporto anomalo con la madre. D'accordo, dopo quella serata che ormai era inevitabile, lo avrebbe allontanato definitivamente.
Una volta giunti a casa lui si sentì in diritto di ricominciare da dove si erano fermati. Questa volta Ada era più tranquilla. Dopo tutte le cose che le aveva raccontato non le sembrava più un estraneo, un perfetto sconosciuto e aveva cominciato anche a provare una certa tenerezza. Fecero sesso ripetutamente, lui sembrava instancabile e lei era da tanto che non veniva più volte di seguito.
Alla fine, il gesto di rimboccarle le coperte le parve decisamente carino e promuroso. Lo sentì coricarsi al suo fianco e addormentarsi tenendola stretta al suo corpo.
Ada non dormì quasi per nulla. A sprazzi si assopiva per poi svegliarsi e guardarsi intorno. La stanza era spoglia, impersonale. Una scrivania in legno economico, un computer datato, un armadio a due ante, il lettino a una piazza dove in due si stava decisamente stretti considerando anche la mole di lui. Sembrava la casa di un vecchio, appunto, il nonno. Sulla parete di fronte una foto attirò la sua attenzione. Si sfilò dalle braccia adipose di Francesco attenta a non svegliarlo e strinse gli occhi per vedere meglio nella mezza oscurità. Girò la lampada che era sulla scrivania e puntò la luce verso quella foto. Francesco era ritratto durante uno dei suoi compleanni. Le candeline sulla torta non si vedevano bene, ma dovevano essere una quindicina. Ciò che colpì Ada fu lo sguardo del suo amante verso l'obiettivo che lo avrebbe immortalato: serio, seccato, annoiato, triste. ''Un bel compleanno allegro!'' pensò Ada, consapevole di mentire a se stessa: stava cercando di ironizzare per non ammettere che quella foto era davvero inquietante.
In quel mentre Francesco si era svegliato.
«Che c'è non riesci a dormire?»
«Sono andata in bagno.»
«Forse stiamo scomodi qui, vado a dormire in salotto.»
Ada annuì e una volta finalmente a letto da sola riuscì a riposare un paio d'ore.
L'indomani pensava che sarebbero andati a pranzare fuori per pranzo, invece lui la portò a mangiare quello che secondo lui era il migliore gelato di Milano. Soltanto che lei non aveva voglia di mangiare gelati. Lo stomaco era chiuso del tutto. Lei aveva solo voglia di essere abbracciata come lui aveva fatto quella notte. Aveva voglia di sentirsi dire cose carine. Aveva voglia di coccole.
Non arrivò nulla di tutto questo. La frase più carina che le disse fu: ''mi fai sangue''. Era la prima volta che Ada la sentiva e stranamente non le fece l'effetto che lui sperava.
Una volta a casa Francesco non fece cenno a progetti per il pomeriggio. A questo punto Ada pensò bene di farsi accompagnare in stazione. Francesco non se lo fece dire due volte.
Poco prima che si chiudessero le porte del treno, le disse con lo stesso sguardo inquietante che lei aveva colto nella foto: «Mi raccomando fai la brava!»
Un ''vaffanculo'' mentale le scattò istintivamente. Era certa che non si sarebbero più rivisti. Invece, stranamente lui non sparì nel nulla da cui era venuto. Contro ogni previsione dettata dalla logica del suo comportamento Francesco continuò a mandarle messaggini whatsapp ogni giorno alle stesse ore, con foto di buongiorno molto romantiche. Immancabile la telefonata verso le 17.30, all'uscita del lavoro. Scomparvero invece le telefonate serali della buonanotte. Ada interpretò quella mancanza come un segnale del suo distacco lento, ma inesorabile. Il weekend successivo, infatti, le disse che non potevano vedersi perché aveva da fare dai suoi e l'altro ancora perché era raffreddato. Ada intanto si chiedeva perché dopo una certa ora del sabato, il suo whatsapp era irraggiungibile, dandosi da sola la risposta: non era da solo.

Dopo un paio di settimane riuscirono a combinare un'altra uscita, questa volta da lei. Ancora una volta si dimostrò un amante passionale, la fece sentire desiderata. La portò fuori a cena e memore dell'esperienza passata, fu Ada a decidere dove andare. Lo portò in un rinomato ristorante messicano dove potè constatare che lui mangiava tranquillamente per due e tutto ciò che non avrebbe dovuto. Le raccontava del suo lavoro tra un boccone e l'altro come se stesse parlando ad un'amica. Tutta la passione e il trasporto del loro rapporto sessuale, una volta usciti sembravano non riguardarlo più. Ada avrebbe voluto prendergli le mani, sedersi in braccio, riprendere a baciarlo, consapevole però che erano fantasie solo sue. Cercò di autorassegnarsi.
Prima di andarsene, si recò in bagno e all'uscita assistette a una scena che le provocò una fitta: Francesco stava flirtando con una donna molto più grande di lei. La guardava con sguardo intenso da seduttore. Ada si sentì fortemente umiliata, ma non accennò a nulla. Non poteva essere gelosa di un amante occasionale, tuttavia l'episodio le sembrò del tutto privo di senso oltre che a lasciarle un amaro in bocca. Avrebbe dovuto dirgli: riaccompagnami a casa e poi tornatene a Milano che io ho sonno. Invece dormirono insieme abbracciati come una coppia collaudata.
L'indomani mattina alle 10.00 fu lui a scappare con la scusa di dover andare dai suoi. Fu allora che Ada sbottò:
«Ma come cavolo ti comporti? Vieni qui, trombiamo e il giorno dopo scappi? Potevi andartene ieri sera!»
«Ma io ho da fare da mio padre te l'ho spiegato.»
«E quando esci in moto la domenica non hai da fare da tuo padre? E' domenica io sono sola e tu cosa fai? Mi molli qui per andare da tuo padre, alle dieci di mattina! Ma sparisci subito, cosa aspetti! Odio essere trattata da troia!»
E così dicendo lo spinse fuori dalla porta. Lui tentò di abbracciarla con un gesto alquanto goffo tanto che fu facile respingerlo. La fissava esterrefatto, sorpreso, come se la matta fosse lei. Possibile che nessuna donna prima di lei gli avesse detto che era uno stronzo? Certo che no. Tra amanti occasionali funziona così. Trombamici, ovvero nessuna pretesa. Solo che Ada non aveva nessuno con cui trascorrere quella domenica e il fatto che lui se ne fregasse altamente di lasciarla da sola dopo l'intimità che c'era stata la demoliva psicologicamente.
Francesco se ne andò nel totale silenzio, incapace di dire una sola parola di conforto, di scuse. Aveva l'aria di uno che non capiva dove stesse sbagliando.
Nelle ore successive, Ada si sentì sprofondare in una solitudine senza fondo.
Passò un anno e un altro ancora.
Quando ormai non ci pensava più, le arrivò un messaggio whatsapp di Francesco.
«Ciao come stai??? Buon anno!»
Rimase per un attimo piacevolmente sorpresa. Anche perché erano le 8.30 di mattina di un sabato inizio gennaio e si era appena svegliata. Gli rispose subito senza pensarci due volte.
«Bene, da quanto tempo...»
«Volevo scriverti prima infatti ma ho avuto un po' di problemi, poi ti racconterò con calma se vuoi.»
Una volta in bagno il tempo di lavarsi la faccia e tutto ciò che era successo due anni prima le era cascato adosso come un'improvvisa pioggia torrenziale. Si dette della stupida. Come aveva potuto rispondergli? Si ricordò di quello sguardo ebete quando lo aveva cacciato di casa dicendogli di non farsi rivedere più e la scena disgustosa del suo flirtare con una sconosciuta al ristorante messicano. E dopo tutta questa umiliazione lei gli aveva risposto, gli aveva chiesto pure come stava...l'idiota! Tornò in camera e raccolse il cellulare per leggere i due messaggi successivi che le aveva mandato.
«Purtroppo ho avuto seri problemi al lavoro e ho dovuto cercarmene un altro. Adesso va abbastanza bene qui ma lavoro almeno 12 ore al giorno! In più mia madre è venuta a mancare lo scorso agosto...»
Ada non avrebbe dovuto,eppure un pensiero cinico sgattaiolò fuori senza alcun freno morale: ''Bene e adesso con chi compri le camice?'' Seguì un pensiero ancora più stupido: ''forse adesso sei cresciuto, senza più la mamma che ti chiama a tutte le ore.'' Senza accorgersene, gli stava riaprendo la porta di casa.
«Mi dispiace molto per tua madre.»
«E putroppo soffriva di pressione alta. Proprio mentre la stavo portando in ospedale per un controllo mi è cascata giù appena uscita dalla macchina. Non c'è stato nulla da fare. Mi sono giocato le ferie di un anno per seguirla avanti e indietro negli ospedali. Non è servito a nulla.»
«Mi spiace.» ripetè.
Nei giorni successivi lui riprese i soliti messaggi meccanici di ''buongiorno'' e vari salutini nell'arco della giornata, finchè giunse la fatidica domanda: «Cosa fai nel weekend?»
Ada aveva progettato di andare sul lago d'Orta in tenda. Era da sola e non le andava di pagare un bed and breakfast. Francesco allora decise di autoinvitarsi e cominciò a cercare vari bed and breakfast su internet, mandandole foto per far scegliere a lei quello che preferiva. Alla fine scelse quello più vicino al lago.
Il sabato pomeriggio Ada partì per il Lago d'Orta ma, secondo indicazioni di Francesco, si sarebbero incontrati a metà strada, per proseguire poi con una sola auto. «Così stiamo più tempo insieme.»
le aveva detto. Ada invece accettò solo perché avrebbe risparmiato almeno tre quarti d'ora di auto, oltre che la benzina e l'autostrada.
«Mangi prima?» gli aveva chiesto.
«Sì sì, pranzo con un gelato!»
Ada allora aveva preferito partire senza pranzare. Si sentiva molto nervosa e combattuta. Da un lato aveva davvero voglia di rivederlo, dall'altra era consapevole che quel weekend non sarebbe stato un weekend d'amore. Ma siccome l'alternativa sarebbe stata andare da sola, ancora una volta scelse quello che le sembrò il male minore. E poi chissà, magari la morte della madre lo aveva in qualche modo cambiato...
Al parcheggio il tempo di salutarla e la strise tra le sue braccia come un innamorato perso. Si baciarono come nei migliori film d'amore. Ada pensò che aveva fatto bene ad accettare. In auto lui non smise un attimo di guardarla, accarezzandola con gli occhi ma anche con le mani che abilmente si inserivano tra le sue gambe preparandola per il dopo.
Non appena la signora del Bed and Breakfast ebbe finito di raccontare del luogo e dei posti da visitare, Francesco chiuse la porta della camera e cominciò a spogliarla. Ada avrebbe preferito uscire, fare prima un giro verso il lago, magiare qualcosa. Poi pensò che faceva prima a lasciarlo fare che a spiegargli le sue intenzioni. In fondo erano le sei del pomeriggio, c'era tempo per uscire. Inoltre fare sesso alle sei del pomeriggio le sembrò strano. Erano appena arrivati, nemmeno il tempo di capire dove fossero. Ma lui la desiderava così tanto e lei si sentiva lusingata per questo, la faceva stare bene. Eppure, nonostante la foga, nonostante il piacere e il traposrto Ada non riusciva a raggiungere l'orgasmo. Alla fine finse, come ormai aveva imparato per esperienza, quando voleva che un rapporto giungesse al termine. Per stanca, per noia, per la consapevolezza che mai si sarebbe lasciata andare del tutto.
Si rivestirono e finalmente gli disse: «Facciamo un giro.»
Il lago era molto bello. Lui le tenne la mano per tutto il tragitto, si curò che camminasse all'interno della strada e all''improvviso l'abbracciava e la baciava; dinanzi ad un ponticello la prese per dietro cingendole le spalle e baciandola più volte sul collo. Ada tornò a sentirsi confusa perché i suoi gesti affettuosi e romantici stridevano con la vuotezza espressiva dei suoi occhi. Erano sempre gli stessi, quelli della foto del suo compleanno.
Decise di non pensarci e di godersi il pomeriggio, quando la puntina del giradischi tornò a graffiare rovinando tutto. Questa volta non fu una donna matura ad attirare l'attenzione di Francesco, quanto una giovane bionda, dal fisico rovinato da un eccesso di adipe ai fianchi e alle gambe. Vestita alla meno peggio, parcheggiava la sua moto e Francesco che si era chinato per allacciarsi una scarpa l'aveva guardata con insistenza più volte ignorando la presenza della sua amante.
Di nuovo una voce sconosciuta urlò nella testa di Ada: ''Fatti riaccompagnare alla macchina, mollalo! Che pezzo di merda! Non farti umiliare così!'' Intanto lui le aveva cinto le spalle e l'aveva portata ad ammirare il panorama.
''Non posso essere gelosa, non stiamo insieme! Siamo qui per scopare e passare una serata da buoni trombamici!'' Continuò a dirselo anche quando la ragazza li raggiunse per chiedere un accendino. Il corpo di Ada diventò rigido come quello di un cadavere. Si sentiva come il terzo incomodo, come un pedone degli scacchi scalciato via dalla regina avversaria. Era bastato così poco...
Avrebbe voluto lasciarli da soli e dire: ''conoscetevi pure, andate in moto insieme, magari nasce l'amore che cercate da una vita, oppure trombate e vi salutate, insomma chi se ne frega, ma lasciatemi fuori da questa merda!''
Il senso di umiliazione profondo sfumò quando la ragazza senza che nessuno glielo chiedesse, gli indicò un posto ''romantico'', disse proprio così, dove trascorrere la serata. Ada si convinse che se lei non fosse stata lì, lui le avrebbe chiesto della moto e con quel prestesto il numero di telefono, ma ciò che le dette la forza di superare quella vergogna, quel sentirsi nel posto sbagliato con la persona sbagliata, fu constatare che la ragazza non se lo filava per nulla.
Cenarono in una pizzeria sulle rive del lago. Ada prese una normale margherita, lui una pizza ripiena con panna, scelta che le provocò disgusto.
Durante la cena Francesco tornò a fare il romanticone, con sguardi intensi, sempre traditi dagli occhi della foto, le mani intrecciate. Una volta in camera, Ada sentì il bisogno di abbracciarlo nel letto. Si raccontarono un po' di cose poi finirono di nuovo a fare sesso. Questa volta Ada riuscì a venire, forse perché era rimasta insoddisfatta nel pomeriggio.
La mattina dopo fecero colazione. Lei uno yogurth e caffé, lui si strafogò di uova, pane, prosciutto e un cornetto.
«Hai da fare oggi?» le chiese a bruciapelo senza guardarla. I panini erano più interessanti.
«Veramente...no.»
«Perché io dovrei andare da mio padre, sai adesso è solo e ha bisogno...» e tirò fuori una scusa che nemmeno un bambino ci avrebbe creduto.
Ada pensò che la sua macchina era a 30 chilometri. Non l'avrebbe mai raggiunta da sola. Se lui doveva andare, doveva andare anche lei. Addio passeggiata sul lago, addio bagno di sole.
Guardò l'orologio. Erano le nove e mezza. Il tempo di riportarla alla macchina e di nuovo per le 10.00 lui sarebbe ripartito per arrivare dal padre in tempo per il pranzo. La storia si ripeteva.
Inutilmente la gentile proprietaria del Bed and Breakfast, che li aveva scambiati per una vera coppia, gli indicò un posto dove poter passeggiare e un ristorantino per il pranzo. Per tutto il tempo, lui non battè ciglio. Al parcheggio la baciò con passione, le palpeggiò bene il sedere cosa che le dette molto fastidio e questa almeno gliela disse.
Lui abbozzò un sorriso. Una volta in macchina lo vide accendere il cellulare e scorrere chissà quali messaggi.
Ada se ne tornò a casa come un cane bastonato e abbandonato. Decise che non lo avrebbe più rivisto. Nei giorni successivi lei non lo cercò e lui nemmeno. Solo qualche messaggio sporadico per rassicurarsi che fosse ancora viva. Imbastiva scuse su scuse, finché lei sbottò e gli disse: «Senti, chiamami quando vuoi scopare, evita 'sti messaggi del cazzo.» In genere Ada non era volgare, anzi quasi mai, tuttavia il comportamento di lui la portava agli estremi della sopportazione.

Si rividero in estate. Stesse scene. Lui arrivava a casa di lei carico di voglia, grande passione, sesso di buon livello, orgasmi reciproci, sonno, dormita ore 10.00 partenza.
Finchè un giorno lei si permise di chiedergli se potevano passare qualche giorno insieme durante le reciproche ferie di agosto.
«Ah ma io non ho ferie, le ho consumate tutte per mia madre ricordi?»
Ada pensò che era trascorso giusto un anno dalla prematura scomparsa, quindi doveva aver maturato altre ferie.
«E quando potremmo rivederci?»
«Credo il 14.»
E il 15, ferragosto, immagino tu debba andare da tuo padre...»
«Eh sì, devo passare sai...»
«Allora passaci già dal 14, non vorrei ci rimanesse male...»
«Come scusa?»
«Senti lascia perdere, non ho più voglia di vederti ma nemmeno per dieci minuti.» e lo bloccò.
Quella settimana Ada pianse. Lo odiava, odiava la sua insensibilità, la sua freddezza, ma più di tutto odiava se stessa perchè si era più volte fatta trattare come uno straccio. Era vero che ormai lo conosceva, sapeva di trovarsi dinanzi un robot tutto circuiti ed elettricità, un Frankenstein fascinoso, ma pur sempre un mostro senza sentimenti.
Pianse per alcuni giorni. Gli mandò dei messaggi ai quali lui, seppur avesse voluto, ma non sarebbe stato lui, non avrebbe potuto rispondere perchè il numero era bloccato. In essi gli esprimeva il suo rammarico per come erano andate le cose. Il dispiacere che lui non riuscisse a provare nulla per lei, dopo tutte le volte che si erano visti ed erano stati così bene insieme. Il rammarico che lui non si rendeva conto di aver trovato una donna disposta ad accettarlo così com'era, né rifletteva sul fatto che gli anni passavano e le opportunità di trovare una persona con cui condividere qualcosa di molto di più di un letto una sera, si sarebbero diradate sempre di più fino a divenire nulle.
La consapevolezza della sua incapacità di andare oltre l'atto sessuale in sé la deprimeva e allo stesso tempo la confortava. Non sarebbe mai voluta essere al posto delle sue precedenti ragazze. Era certa che lo avessero lasciato sempre loro, una volta appurato che era un pezo di ghiaccio, un bugiardo e un traditore. Eppure in lei qualcosa era cambiato. Stranamente ne sentiva la mancanza. Si dispiaceva di non essere più forte, di non essere in grado di fare la trombamica. Si chiedeva come era possibile che due persone che si trovavano così bene a letto, che passavano del tempo ridendo e scherzando, con un'attrazione reciproca molto forte, non riuscissero ad innamorarsi.
Lui di certo non lo era, ma lei sì? Non seppe rispondere.

E quando pensava che fosse davvero finita, lui ritornò in inverno. Stesse scene. Stesse frasi di circostanza come se nulla fosse accaduto. Aveva ricevuto il suo messaggio perché aveva cambiato telefono di nuovo e quindi il blocco non era stato inserito.
Si rividero. Questa volta la passione sembrò aumentata. Di nuovo sesso furioso. Ada si fece trovare con un completino nero che lasciava poco all'immaginazione e un paio di tacchi vertiginosi. Quasi svenne prima dell'orgasmo e lui godette come mai lo aveva visto.
Si addormentarono abbracciati dopo essersi fatti mille coccole. Alle dieci del mattino dopo, la solita partenza con la solita scusa preconfezionata.
Ma anche Ada ripetè lo stesso copione. Ai primi segnali di allontanamento di lui, cominciò a sbraitare a spazientirsi a fare battute sarcastiche, finchè ancora una volta gli ordinò di non farsi sentire più, ma di andare da un buono psicoanalista. Questo perché a letto le aveva confessato di desiderarla da morire, che era l'unica donna che lo mandava fuori di testa e durante gli amplessi con lei non aveva mai goduto così tanto. Ada ci aveva creduto come al solito al 50 per cento, perché alle belle parole non erano mai seguite azioni che ne dimostrassero la veridicità. I ''buongiorno'' con i vari cuoricini non le interessavano. Ormai si conoscevano da un po', avrebbe voluto vedere un progresso, ivece tutto si ripeteva come un copione maniacale. Anzi, non le telefonava più all'uscita dal lavoro, perché a quanto pare prima delle 20.30 non finiva e allora pareva che dopo quell'orario fosse proibito telefonare.
Decise di fargli un gesto carino, affettuoso. In fondo non conosceva il suo passato, non conosceva nemmeno lui per davvero. Decise di comprargli un olio per la psoriasi su Amazon, dato che l'ultima volta che erano stati insieme, i segni della malattia si erano diffusi sulla schiana e intorno all'ombelico. Glielo disse: «Ti ho comprato un olio, quello di Jojoba, pare che sia ottimo per la psoriasi. La prossima volta che vieni te lo massaggio.» Non si aspettava di certo che lui svenisse alla notizia, ma nemmeno un distaccato ''ok''.
Era davvero irrecuperabile. Ma che blocco psicologico aveva avuto da piccolo? Era stato vittima di bullismo? Sua madre lo aveva schiavizzato mentalmente? Suo padre non gli aveva trasmesso un briciolo di amore?
Ada sperava attraverso i messaggi whatsapp di indurlo lentamente a ragionare, senza offenderlo questa volta. In fondo era tornato ancora una volta. Qualcosa doveva sentire per lei. Altrimenti si trattava di un folle!
Era convinta che se fossero vissuti nella stessa città, frequentandosi più spesso e non per forza solo per trombare, lo avrebbe aiutato a superare la sua psicosi, il suo blocco emotivo. Lei non lo giudicava, cercava di capirlo e intanto lo accettava così com'era.
Tuttavia Ada avrebbe preferito un rapporto più sincero e più coerente. Quando si vide recapitare un'immagine che rappresentava due amanti avvinghiati, immagine alla quale per errore o strafottenza Francesco aveva dimenticato di tagliare la data del giorno in cui l'aveva fotoshoppata, che raffigurava per l'appunto il mese di dicembre dell'anno precedente, Ada si sentì nuovamente presa in giro. Prima lui affermava che lei era l'unica donna che lo mandava in visibilio, poi le riciclava immagini che aveva postato ad un altra donna o ad altre donne.
Glielo scrisse: «Almeno taglia la foto così non vedo che l'hai ripescata dal mucchio!» esclamò aggiungendo uno smile con occhiolino. Lui le rispose con due faccine che ridevano a crepapelle.
Un paio di giorni dopo, memore dell'accaduto e visto che Francesco non rispondeva da ore ai suoi messaggi dopo averli pure visualizzati, siccome non le risultava che lui fosse in guerra né in fin di vita all'ospedale, Ada si sentì in diritto di fare delle precisazioni.
«Se vuoi una trobamica non puoi giocare a fare il mezzo fidanzato» gli aveva scritto «così illudi le persone e le fai stare male.»
Con grande immaturità e assoluta mancanza di rispetto, almeno in questo era logico, Francesco si era limitato a visualizzare i messaggi senza rispondere. Che cosa voleva intendere?
Cosa significava? ''Ci sono, li ho letti, va bene, ma non posso rispondere''?
Ada sapeva che lui viveva male il rapporto con il suo capo, che lo comandava a bacchetta e lo costringeva a turni di lavoro massacranti. Forse davvero non poteva rispondere, forse era oberato di lavoro...eppure...eppure in bagno ci andava o no? Avrebbe potuto risponderle dal bagno!
Ma perché lei non lavorava? E non lo trovava il tempo, il modo di scrivergli? Volere è potere, lo sapevano tutti!
Fatte queste ultime osservazioni, e appurato che non le rispondeva da ore, anzi nemmeno la fotina del buongiorno, Ada si era decisamente irritata ed era andata giù con frasi offensive che sottolineavano i suoi dubbi sulla sua sanità mentale. Visto che nemmeno a questo rispondeva, lo aveva bloccato su whatsapp. Di nuovo. Era febbraio.

Il tempo era passato velocemente ancora una volta e una mattina di maggio l'uomo senza dignità né memoria si era ripresentato. Questa volta niente messaggi, direttamente un'inaspettata chiamata telefonica nel primo pomeriggio di un sabato decisamente caldo. E inaspettatamente Ada gli aveva risposto con eguale piacere ed entusiasmo. Entrambi fingevano che nulla fosse accaduto, che mai lui l'avesse umiliata, che mai lei lo avesse insultato. Entrambi dal tono della voce esprimevano un chiaro senso di volersi rivedere, pur non dicendolo apertamente.
Fu la sera stessa che Francesco alla fine le chiese se potevano vedersi l'indomani. Ada lo avvisò che aveva preso appuntamento con degli amici per andare in montagna.
«E se piove?» le aveva chiesto.
«E se piove...»
«E se piove vengo a trovarti!»
Questa volta Ada non rispose.
«Non ti farebbe piacere?»
Ada tentennò ancora qualche minuto poi rispose:
«Sì, vediamo com'è il tempo domani.»
Aveva mentito. Non aveva nessuna intenzione di vederlo. Almeno non il giorno dopo, rinunciando al trekking.
L'indomani mattina lui le messaggiò di buon'ora: le 7.30.
«Sei caduto dal letto?» scherzò Ada.
«Allora che faccio, vengo?»
Purtroppo le previsioni erano incerte e Ada attendeva notizie dai suoi amici.
«Potrei venire in moto.» le disse. «Ti porto in giro in moto.»
«Non ho il casco...»
«Ah. Allora vengo in macchina. Se sei a casa naturalmente.»
«Preferirei un'altra volta, ho già preso appuntamento con i miei amici.» disse sincera.
«Va bene facciamo un'altra volta.»
«Ok, ciao.»
Dopo nemmeno cinque minuti, lui ripartì all'attacco.
«Pensavo ti avesse fatto piacere risentirmi.»
«Vero»
«Allora vediamoci!»
«Senti, ne abbiamo parlato a iosa. Siamo diversi, vogliamo cose diverse. Tu non cambi,e io so già cosa mi aspetta.»
«Neanche tu cambi, idem per me. Eppure io non voglio che tu cambi.»
«Io vorrei fare l'amore, non sesso.»
«Me lo spieghi tu come si fa?»
«Devo spiegartelo???»
«Sì. Qual'è la differenza? Insegnamelo.»
«Non si può insegnare è una cosa che o la senti o non la senti. Te ne accorgi dopo se hai fatto l'amore, perchè l'altro ti manca.»
«In cosa sbaglio io?»
«Tu sei molto focoso, passionale, ma fai sesso. Io non ti manco.»
«Ma non pensi che il mio trasporto sia dovuto al fatto che mi manchi, ti voglio e ti desidero?»
Ada non rispose. Si sentì sciogliere. Se fosse stato vero...per alcuni minuti ci credette.
«Facciamo l'amore oggi.» Le scrisse.
Ada si sentì lo stomaco e le viscere in subbuglio.
«Non scherzare con i miei sentimenti, ne abbiamo già parlato.»
Se lui fosse stato sincero, Ada non avrebbe chiesto di meglio. Alla fine capì che le piaceva e tanto. Aveva superato il blocco della sua grassezza, il blocco dei segni della psoriasi sul corpo, aveva accettato di vederlo sporadicamente e di non chiedergli nulla della sua vita privata. Lo aveva sempre riaccolto ogni qualvolta si era ripresentato senza mazzi di rose né scuse. E ora che le aveva scritto: «Facciamo l'amore» si era sentita quasi felice.
Se fosse stato vero, se fosse stato sincero...
«Allora vengo?»
«Mi restano forti dubbi, mi spiace.»
«Vuoi che ne parliamo da vicino? Ne parliamo a quattro occhi?»
«Non credo possa servire.»
«Perché no? Parlare da vicino è diverso. Vedrai che chiariamo tutto.»
Nella testa di Ada riecheggiavamo quelle parole: facciamo l'amore oggi, facciamo l'amore oggi, facciamo l'amore oggi.
Alla fine doveva aveva sentito la sua mancanza. Per questo era tornato nonostante gli insulti. Un altro sarebbe sparito, l'avrebbe odiata, cancellata dai contatti. Invece era lì che quasi la supplicava di vedersi.
«Ok.» alla fine aveva ceduto. Le previsioni davano pioggia. Sarebbe stato bello fare l'amore con l'accompagnamento musicale delle gocce sull'asfalto e sui tetti delle abitazioni.
Nemmeno due ore dopo Francesco arrivò. Ad lo accolse con grande imbarazzo, un po' come la prima volta che si erano visti. Si erano baciati sotto l'uscio di casa, un bacio freddo da parte di lei che si era rapidamente allontanata nella cucina con gli occhi di lui addosso come pesi.
«Che hai?» le aveva chiesto.
«Nulla» aveva mentito. Allora Francesco l'aveva stretta a sé come mai aveva fatto prima e lei gli aveva allacciato le braccia al collo. Erano rimasti così incollati, pressati, in un abbraccio che sembrava voler dire mi sei mancato/a da morire. Ada aveva quasi le lacrime agli occhi, fu allora che si baciarono con una passione infinita.
Lei era morbida, seducente; lui forte e delicato. Si dedicò a lei per prima, senza staccarle mai lo sguardo di dosso. Ada sentì il desiderio di lui per tutto il tempo che la dominò in tutte le posizioni possibili.
Finirono nudi e abbracciati, la schiena di lei incollata al suo petto. Il braccio di lui che la teneva forte. Dopo poco, Francesco si addormentò. Ada invece rimase sveglia, come sempre, ma era serena, appagata; non sapeva se quello era stato davvero fare l'amore per lui. Di certo si era rivelata una rappresentazione molto vicina.
Quando si svegliò si coccolarono e chiacchierarono del lavoro, dello stress. A quella parola, Ada si ricordò dell'olio di Jojoba e prese a massaggiarlo per circa un'ora. Si curò di coprire tutte le parti infette dalla psoriasi, mentre lui si rilassava beato.
Finito il massaggio, Francesco la stese sul letto e le fu di nuovo dentro, ma questa volta ignorando il suo piacere. A lei bastò vederlo godere di nuovo e si sentì soddisfatta, tranne per lo stomaco che brontolava.
«Io avrei fame.» Erano le tre del pomeriggio.
«A me un gelato basta.» le rispose.
Ada pensò che non volesse mangiare per il solito problema della psoriasi. Intanto, la sera prima era stato a cena fuori con amici e da ciò che le aveva raccontato prima, queste cene nei ristoranti erano abbastanza frequenti. Per questo forse no riusciva a dimagrire, per questo forse la psoriasi era notevolmente peggiorata.
Intorno all'ombelico si estendeva un cerchio rosso, ruvido e spesso, largo due dita. In alcuni punti la pelle presentava delle crosticine di un rosso scurissimo. Altre macchie rettangolari altrettanto spesse e ruvide ma di un rosso più chiaro, si estendevano sull'addome, sui gomiti, sulle braccia, su alcune dita delle mani. Provò una grande tenerezza. Era venuto da lei perché sapeva che a lei non avrebbe fatto impressione. Si fidava di lei. Si sentiva a suo agio con lei. Si sentì forte di ciò: per lui sarebbe stato difficile trovare un'altra donna così comprensiva e così...non osò formulare quella parola nella sua mente.
Lo abbracciò forte poi si vestirono e andarono a piedi al centro.
Fu imbarazzante camminare per strada con lui. Avevano fatto l'amore eppure camminavano l'uno a fianco dell'altra senza osare sfiorarsi, come due amici. Che senso aveva? Perchè non le prendeva la mano? Perchè non la guardava come si guarda una donna con cui hai appena fatto l'amore? Ada si pentì di non aver preso la macchina.
Arrivati ad un punto dove stavano facendo dei lavori per un edificio, Francesco finalmente si decise a prenderle la mano. Ada dette un sospiro di sollievo, curandosi di mantenere ad un livello accettabile la sua emozione.
Alla fine era andato tutto bene, erano stai davvero bene, tuttavia, lei volle fare un esperimento una volta in gelateria. Mentre lui ordinava il suo gelato, lei gli dette le spalle, fingendo di guardare le torte nel frigo. Poi si voltò all'improvviso e fu lì che lo vide flirtare con la proprietaria. Francesco se ne accorse e per la prima volta abbassò gli occhi con un certo imbarazzo.
''Proprio non ce la fa'' si disse Ada. ''Molti non ce la fanno.''concluse per rendersi la pillola meno amara. Infatti le capitava spesso che giovani fidanzati o mariti più attempati la guardassero intensamente come se al loro fianco non ci fosse la loro dolce metà. Ma il loro era uno sguardo rapido e delicato, come dire: ''che bella donna'' e finiva lì, mentre quello di Francesco era un guardare a lungo e con profondità, come per cercare un consenso, come per dire: ''io ti scoperei subito e tu?''
Era la terza volta che lo scopriva a flirtare con un'altra donna ed era pure stupido che se ne faceva accorgere. Ada pensò che fosse davvero un povero insicuro. Un ragazzino che cercava negli sguardi incrociati delle donne una conferma della sua decennale capacità di seduzione. Ma nella gelateria lo sguardo della gelataia era sembrato più di stupore che di partecipazione. La donna doveva essere alquanto saggia.
Si sedettero su una panchina e chiacchierarono entrambi di nuovo con un certo disagio e quando Francesco le dette un bacio timido sulle labbra Ada in tyutta risposta si alzò in piedi per tornare a casa. Non osò chiedergli se avesse intenzione di restare fino all'indomani mattina, preferì rimanere nel dubbio. Ma una volta a casa lo vide restare in silenzio e poi sedersi al tavolo.
«Mettiti sul divano» lo invitò. Era la prova del nove. Lui scosse la testa. «Tra poco devo andare.»
Eccolo, il solito copione. Cambiava solo l'orario, non le dieci di mattina, ma le quattro del pomeriggio. Non era il pranzo con il padre la motivazione, ma la cena a casa dei nonni. E certo, quale uomo non desidererebbe restare dalla propria amante e rinunciare alla cena con i nonni? Qualsiasi uomo, tranne Francesco.
Ora Ada se ne stava in braccio a lui, lo accarezzava e più lo accarezzava, più lo baciava sulla guancia più notava la solita lenta trasformazione: si stava irrigidendo. Non sorrideva più. Gli occhi stavano perdendo profondità per tornare ad essere lontani, distanti, seccati, come nella foto vista tre anni prima a casa sua. Ada si alzò per predersi un bicchiere d'acqua e quando tornò lui aveva accavallato le gambe. Ada capì e si sedette sulla sedia a lui di fronte in attesa che si decidesse ad andarsene con una rassegnazione mista a delusione.
Avevano fatto l'amore ma nulla era cambiato. O forse non avevano fatto altro che il solito sesso bugiardo.
Questa volta lo salutò dal balcone, non lo aveva mai fatto prima. Avrebbe voluto accompagnarlo giù fino alla macchina, abbracciarlo, baciarlo e farsi baciare, darsi appuntamento tra sorrisi tristi per l'inevitabile distacco anche se momentaneo. Ma Francesco con la mente era già in viaggio verso casa dei nonni, quindi inutile mettere in mostra altra dolcezza o romanticherie non corrisposte.

Il giorno dopo Ada si sentiva leggera e felice. Accolse con un grande sorriso l'arrivo puntuale del messaggio del mattino: due coni ricolmi di ciliege rosse che formavano due grandi cuori. Attese con ansia l'arrivo di altri messaggi durante l'arco della giornata, mentre rifletteva che era ora di mettere in atto un cambio di strategia: non si sarebbe più arrabbiata; lo avrebbe atteso con pazienza e ogni volta che si sarebbero visti lo avrebbe coccolato in modo che prima o poi la mancanza di lei l'avrebbe sentita. Sarebbe riuscita a far breccia nel suo cuore dandogli fiducia, lasciandolo sereno, niente stress, ne aveva già abbastanza con il suo lavoro.
Attese tutto il giorno ma nessun messaggio arrivò. Verso le cinque si decise a mandarlo lei e la risposta, due bacini, giunse dopo un'oretta. Poi silenzio.
Il giorno dopo fu lei a mandare il buongiorno, ma Francesco non lo visualizzò. Ada attese tutto il giorno che lo visualizzasse, che desse un segno di vita, nulla. Verso le sette di sera le disse che aveva dimenticato il cellulare a casa.
Il mercoledì il cellulare non lo aveva dimenticato e giunse il messaggino del buongiorno, un topolino con il dito in bocca e una tazzina di caffè nell'altra mano. Poi nulla.
Ada intanto desiderava parlargli. Quei pochi messaggi, non osava ammetterlo, dicevano troppo.
«Possiamo sentirci stasera?» gli aveva scritto. E lui: «Certo, chiama verso le nove.»
Strano che le avesse chiesto di chiamarlo, in genere in passato aveva sempre chiamato lui. Forse aveva finito i minuti gratuiti. Alle nove e cinque Ada chiamò. Nulla, il telefono squillò a vuoto. Riprovò dopo dieci minuti e poi alle nove e mezza. Niente. Cercò di soffocare l'angoscia e la delusione inventadosi delle risposte credibili: ''Avrà lasciato il cellulare da qualche parte o è ancora al lavoro e non può ripondere.''
Ma una vocina insidiosa le suggerì: eppure sapeva che lo avresti chiamato. Il cellulare prima o poi lo avrà ritrovato o glielo hanno momentaneamente sequestrato gli alieni?
Ada si addormentò senza avere notizie di Francesco. La mattina dopo trovò un messaggio in cui spiegava di aver lasciato il cellulare in ufficio e accanto una faccina in lacrime.
«Non importa,» gli aveva risposto «lo avevo immaginato.» e faccina sorridente.
Adesso il cellulare ce lo aveva, poteva mandarle messaggi, poteva chiamarla. Anzi avrebbe potuto dirle: ''mi spiace davvero tanto, recuperiamo stasera. Ti chiamo io.'' Invece nulla. Per tutto il giorno il cellulare di Ada non segnalò messaggi di Francesco, di tutti ma non di lui: sua madre, le colleghe, sua sorella, l'amica del cuore, la wind, Tim,Vodafone, le offerte del supermercato e del negozio di scarpe, ma lui no.
Quel pomeriggio si prese una pausa nel suo ufficio versole 15.30. Davanti al PC in stand by, sorseggiava un caffè con lo sguardo perso nel vuoto. Cercava di capire. Lo scopo era smettere di stare male, perché nonostante tutti i buoni propositi e la volontà di affrontare il suo rapporto con Francesco in una modalità diversa, lei stava male. Fece il riassunto della loro storia. Si erano frequenati poi lei lo aveva mandato a stendere, questo ripetuto per tre, quattro volte. Nel corso di questi tira e molla adolescenziali, lei si era sempre più attaccata, ma lui? Lui era sembrato sempre più attaccato, appunto, sembrato. Ogni volta che era tornato aveva aggiunto un pizzico in più di romanticismo e passione, aveva osato con le immagini e le parole. Dirle: ''tu sei l'unica donna che mi fa eccitare in questa maniera, ti desidero da morire come mai ho desiderato una donna, mi piaci tanto nonostante il mio tipo di donna sia del tutto diverso da te, hai qualcosa che le altre non hanno'', e nell'ultimo amplesso: ''mi interessi, io ti interesso?'' le sembrava tanto per uno che tre anni prima si era definito un single incallito. Ma il punto non era quello e Ada stava cercando proprio di trovare il punto.
Il punto erano i suoi occhi. Adesso la guardava diversamente. Non le toglieva gli occhi di dosso per tutto il tempo che stavano insieme. Quella freddezza iniziale, lo sguardo torvo della fotografia era sparito. Eppure, mancavano dei pezzi per completare il puzzle. Riflettè che in quel puzzle non c'era solo il volto di Francesco. Spostò lo scorrere dei pensieri su se stessa. Si era illusa di poterlo gestire, si era detta: ''avrò più pazienza, lui ha questa malattia che lo deprime, lo fa sentire insicuro con le donne. La psoriasi è una malattia incurabile e difficile da tenere sottocontrollo, quando si manifesta i segni restano per mesi e possono degenerare fino a farlo finire in ospedale. Non voglio stressarlo ancora di più con le mie paranoie e la gelosia da fidanzatina, non posso e non devo pretendere nulla da lui.'' invece l'ansia per l'attesa di messaggi che non arrivavano e la delusione di trovarne poi di striminziti come questo delle 18.30: ''sono stanco morto e stasera pure finirò di lavorare tardi...'' faccina disperata, non le permettevano di vivere serena questa relazione aperta.
Povero! Ada pensava. Doveva essere davvero terribile lavorare sette giorni su sette con orari assurdi, lui che soffriva di psoriasi. E quelle cene di lavoro che diceva di detestare e che lo costringevano a mangiare fuori casa e fare tardi quando avrebbe potuto riposarsi.
Il giorno dopo altri pezzi del puzzle cominciarono a collocarsi nei giusti incastri. Il weekend si avvicinava senza che Francesco accennasse a rivedersi. Solo la domenica prima si era dichiarato interessato a lei, le aveva confessato di sentire la sua mancanza, le aveva promesso di portarla in moto. Tutte parole che indicavano un forte attaccamento, in altre parole, un innamoramento. Tuttavia, i fatti, le azioni come il messaggiare sempre a orari fissi, quasi come se fosse una scaletta nei piani di lavoro quotidiani, il non sentire il bisogno di chiamarsi per telefono, le assenze prolungate e infine il non proporre un'uscita per il weekend, erano tutti segnali opposti ad un innamoramento. Francesco parlava di desiderio fisico irresistibile, di grande attrazione fisica, non aveva mai accennato ai sentimenti. Nemmeno quando aveva parlato delle sue innumerevoli ex, la parola amore non era mai uscita dalle sue labbra.
Ada stava raggiungendo il punto. Mancava solo un pezzo a completare il puzzle che raffigurava i volti di lei e di Francesco. Quello di Francesco era completo, lo sguardo torvo della fotografia di 30 anni prima, anche se ora aveva la barba e le rughe di un 45enne, l'espressione coincideva.
Mancava invece un pezzo per terminare il volto di Ada, quello che comprendeva la parte bassa della fronte e gli occhi. Gli occhi sono lo specchio dell'anima, diceva un detto antico. Quale era la sua anima?
Quel sabato Ada attese un invito che non arrivò. La cosa strana era che lo aveva atteso con la consapevolezza che non sarebbe arrivato.
La domenica mattina Francesco aprì whatsapp alle 8.36. Intanto Ada teneva il pezzo di puzzle mancante tra le dita.
Le 8.36. L'orario in cui lui era solito chiamare suoi amici per andare in moto. Sarebbe andato in moto quella domenica, ma senza di lei. Senza la donna che lo faceva andare in visibilio, che gli faceva esplodere gli ormoni, la donna che gli mancava ma non abbastanza da farlo agire in coerenza con le sue parole.
Non arrivò nessun messaggio di buongiorno con cuoricini e pupazzetti teneri.
Alle 9.35 era di nuovo online. Di nuovo non per lei.
Finalmente una voce nella sua testa riuscì a svincolarsi tra le barriere che ostacolavano da mesi il suo buon senso e le chiese semplicemente:
''Ma ne vale la pena?''
Ada prese il cellulare e cercò il suo nome su whatsapp. Lo aveva insultato già tante volte, ma a quanto pareva non era bastato. La differenza con le volte precedenti era che adesso lui aveva davvero giocato sporco: l'aveva volutamente illusa e privo di ogni umanità, l'aveva trattata come si tratta una tipa conosciuta per caso e con cui aveva passato solo una notte allegra...le parole per lui avevano lo stesso valore del cibo che trangugiava ingordo senza nemmeno avvertirne il sapore.
Ada non era cattiva di natura, ma pensò che a volte la cattiveria era necessaria, come in quel caso.
Cominciò a scrivere senza riflettere, lasciò che il suo intelletto facesse il suo percorso libero:

''Ti auguro con tutto il cuore di cadere dalla moto e spezzarti la spina dorsale. Poi, una volta bloccato in un letto, che quelle pustole e quelle croste schifose ti ricoprano tutto il corpo flaccido e lardoso in modo che il marcio che hai dentro possa essere visibile anche fuori. Sei una persona cattiva. E prima o poi il male che si fa ritorna. Ma da te sta già tornando basta vederele croste che lentamente ti stanno ricoprendo. Divertiti finché puoi. Verrà il giorno in cui non potrai nemmeno sederti. Peccato che io non sarò lì a godermi la scena.''

Attese che lui visualizzasse e poi uscisse da whatsapp. Con sicurezza Ada pose il pezzo mancante del puzzle al suo posto. I suoi occhi sorridevano.

























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