Come sterminare....
Parte
14esima
Mia
madre aveva passatole ultime 24 ore a sistemare la camera degli
ospiti per mia cugina Jessica e i suoi due gioielli di 16 e 14 anni,
Solange e Adam. Lo so, già dai nomi partono una serie di pregiudizi
su mia cugina, ebbene, lasciateli partire perchè non vi state
sbagliando affatto!
Il
risultato era una stanza pulita e disinfettata come una sala
operatoria, con tanto di candele profumate e tappetini in
pellicciotto bianco comprati apposta. In compenso io nella mia camera
ho un tappetino di bambù scorticato, al quale mancano una decina di
stecche. Che mia madre non abbia pensato che magari anche i miei
delicati piedini adorerebbero un morbido pellicciotto sintetico? Ok,
cambiamo discorso e torniamo alla cara cuginetta super sexy.
Sarebbero
arrivati la mattina del 24. Mio fratello era stato incaricato di
andarli a prendere all'aereoporto di Capodichino, noi invece a casa
ad attendere l'arrivo della principessa come dei bravi servitori.
Alle
11.05 apro la porta. Jessica mi appare in tutto il suo splendore:
capelli da copertina di Vogue, trucco da copertina di Elle,
pellicciotto da copertina di Vanity Fair, tacco vertiginoso da
copertina di Glamour. E parte con un esageratissimo squittioso
«Ciaaaaaooooo!», mi abbraccia, mi bacia lasciandomi due eterne
tracce delle sue labbra rosso fuoco e poi mi scaraventa letteralmente
di lato come se fossi un sacco di polistirolo, per passare in
rassegna agli altri familiari. Dietro di lei mi appaiono in piedi
pallidi, magri, tristi come un quinto giorno di pioggia battente, con
lo stesso sguardo acido di Neil e Iriza della serie Candy Candy, i
due figlioli, con addosso almeno 2500 euro di vestiario, ma con
l'espressione di due deficienti appena usciti da una casa di cura per
tossicodipendenti.
«Ciao
zia!» mi dicono quasi all'unisono mentre io mi chiedo se sia proprio
necessario abbracciarli e baciarli. Ci guardiamo per qualche secondo,
forse stanno pensando la stessa cosa. Alla fine le nostre
intelligenze si incontrano e finiamo con lo scambiarci una più
sincera stretta di mano, da bravi ipotetici ministri dell'estero in
segno di alleanza almeno per due giorni.
Mia
cugina Jessica intanto si è accomodata in salotto insieme a mia
madre che continua a farle complimenti: ' ma che bella che sei!' 'il
tempo per te si è fermato!', ' ti trovo uno splendore davvero!'
I
miei nipoti invece, che non so per quale motivo adesso mi ricordano i
ragazzini della famiglia Adams, se ne stanno in piedi vicino al
balcone. A braccia conserte guardano fuori. Forse stanno invocando un
terremoto, un incendio, un attacco missilistico da parte della
Germania, qualsiasi cosa che possa dargli una scusante valida per
andarsene. Li lascio al loro tetro silenzio e mi avvicino silenziosa
alle due donne. Faccio per sedermi quando mia madre mi lancia uno
sguardo acido. Capisco subito il motivo e corro in cucina a preparare
il caffé che a Napoli è un must, come per gli americani il whisky o
la birra: ogni ora è quella giusta.
Ecco
una cosa degli americani che non ho mai capito è questo bisogno di
bere appena arrivati a casa. Tu arrivi verso le cinque, le sei del
pomeriggio e il primo pensiero è aprire il frigo e stappare una
birra se appartieni alla media borghesia, o prepararti un whisky con
o senza ghiaccio se sei ricco sfondato. Il tutto ovviamente a stomaco
vuoto. Ma l'acqua non ce l'hanno? Un succo di frutta, un té, insomma
qualcosa per soddisfare la sete senza spaccare le pareti dello
stomaco o gonfiare la pancia, essi potrebbero essere un ottima
alternativa, invece no! E nei film è così. Se vedete un qualsiasi
film americano, appena tornano a casa non si levano nemmeno le
scarpe, cosa che tutti gli esseri umani, donne in particolare, sono
soliti fare. Non vanno nemmeno in bagno. Non si mettono nemmeno in
tuta. No! Aprono il frigo e giù di alcolico. A volte penso che sia
solo pubblicità occulta, ma forse sono io quella malata. Vabbé,
torniamo alla cara cugina Jessica.
Mi
fa i complimenti per il caffé. Menomale! Mi sento realizzata. Ma
dura un nano secondo. Adesso è lì che mi sta scrutando il vestiario
da casa. In effetti io pensavo che sarebbe arrivata più tardi, per
cui mi ero fatta sorprendere in tutone grigio con solita macchia di
latte e caffé ad altezza dello sterno, come i bambini piccoli. Ad un
occhio più attento si sarebbe riconosciuta una sfumatura marroncina,
quella dei miei biscotti preferiti. Il tutone mi va anche piuttosto
largo, perché acquistato tre anni prima quando pesavo otto chili in
più. Sembro una forma vivente di teletubby. Il tocco finale é un
buco sul ginocchio. Be' di questo davvero ignoro la provenienza, ma
sono convinta che dia un tocco ribelle al tutto. Solo che mia cugina
non la pensa come me ed è chiaro. Pazienza, me ne farò una ragione.
Alla prima occasione le verserò qualcosa di cangiante sul bel
vestitino rosso.
(continua)
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