COME STERMINARE LA PROPRIA FAMIGLIA NELLA SERA DI NATALE E PARTIRE SERENI PER LE BAHAMAS


parte undicesima

''Se mi lasci non vale, se mi lasci non vale, se mi lasci non vale, se mi lasci non vale, tutto il nostro passato dentro quella valigia, non ci può stare''.
Mi volto di scatto non appena sento questo motivetto alla mia sinistra: esso esce di prepotenza da due casse alte un metro, sistemate in un'abitazione al piano terra, in un basso per intenderci. La porta aperta lascia intravedere le casse che rimbombano come se fossero ad un concerto, le sedie alzate sul tavolo al centro della camera, e una signora che ha la fisicità di un panettone imbottito che passa uno straccio imbevuto di candeggina pura 100% sul pavimento che a me sembra già lucido come quello della sala da ballo di Cenerentola. Eppure la donna insiste con forza sotto il tavolo e ai bordi dei mobili e ancheggia al ritmo dei violini romantici mentre i suoi strati di carbo e di grassi saltellano con allegria. Tutto sembra saltellare e rimbombare, i bicchieri vibrano nella cristalliera e le pareti tremano. Immagino la famosa sfera multicolore delle discoteche anni settanta girare e saettare luci psicadeliche. Mi viene voglia di entrare in quel basso e ballare sfrenata con la signora panettone. Sarebbe bello anche invitare quelle persone che adesso camminano qui davanti a passo veloce, con il solito sguardo perso e malinconico dicendo loro: dai facciamo due salti e viaaa che la vita e breve, solo il tempo della canzone, sono meno di tre minuti e che sarà mai?
Entrare in venti in quel basso e lasciarci andare al ritmo dei violini dance anni 70, cantare a squarciagola, strappare di mano la mazza per lavare a terra della signora e organizzare un limbo! Meno di tre minuti di allegria pura! Nella mia mente malata immagino di realizzare questo sogno. Per pochi minuti sono felice, vedo Dio! Ma è solo la mia immaginazione. Intorno a me le persone sono troppo prese dalla fretta e dai loro problemi. Parlano al cellulare, fumano, il collo possibilmente incavato nelle spalle, gli occhi che guardano senza vedere, le gambe che conoscono già il percorso memorizzato da giorni e settimane tutte uguali.
Torno a osservare la donna la cui gonna svolazzando lascia intravedere la cellulite che ha devastato anche le sue ginocchia da sumo-woman. Le mani strette intorno alla mazza sono gonfie, rosse per il freddo e le unghia inesistenti. Poi inizia a cantare: ''Se mi lasci non vale, se mi lasci non valeeee''.
Sento adesso una profonda malinconia.
Decido di riprendere il mio cammino da pecora lasciandomi alle spalle quel delizioso mini palcoscenico in centro città. Con la mente torno indietro di circa 40 anni. 1976, anno in cui Julio Iglesias diventava il sogno erotico di ogni donna matura, sposata con un qualsiasi scatafascio di sesso maschile. Effettivamente Julio era un gran bell'uomo! E con una voce calda, sexy e un'eleganza, un portamento virile naturale, che oggi lo farebbe somigliare a...a...paragonabile oggi a... a.... niente, lasciamo perdere. Siamo nell'era dei depilati, risvoltati e insicuri. MMM, torniamo nel 1976, meglio!
In quell'anno, lo ricordo, io ero felice, tutto il mondo era felice! C'era sempre il sole che aveva gli occhi, il naso e la bocca e le persone sorridevano sempre come i monti di Heidi. Ricordo le rondini che costruivano i nidi sotto le grondaie, annunciando la primavera agli inizi di marzo e l'odore di asfalto bagnato a settembre che annunciava l'autunno. Ricordo le spiagge immense di Varcaturo, il profumo della schiuma del mare a Licola, le polpette di mia madre, i giochi davanti alla chiesa con i miei fratelli e i miei cugini. Da bambini non avevamo bisogno di nulla per divertirci, al massimo una palla o un gessetto. Il cielo mi sembrava dello stesso colore limpido dei cartoni animati giapponesi ed eravamo tutti buoni come Gesù Bambino.
A quei tempi, ero convinta di avere un angelo custode, me lo aveva detto mia madre. Un angelo custode molto attento che mi aveva salvata quando al mare, a soli due anni, stavo affogando tra le onde pericolose della Calabria ( ma che ci facevo a soli due anni, in mezzo ai cavalloni???); e quando a quattro stavo attraversando la strada e una macchina mi sfiorò per un pelo; e quando a cinque stavo finendo giù dal balcone; e quando a sei stavo soffocando a causa di un anello finito per sbaglio nella lasagna. In tutti e quattro i casi fui salvata da un estraneo, un parente che in quel momento, spinto e guidato dal mio angelo custode, mi salvava la vita visto che mio padre non c'era mai e mia madre puntualmente per lo spavento giaceva svenuta per terra.
Crescendo mi è venuto il dubbio che mia madre e mio padre...vabbé lasciamo perdere!

(continua)

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