Napule è mille culure....



Un carretto posto all'entrata di una famosissima pasticceria napoletana, "Leopoldo", antica e preziosa come le leccornìe che vende da decenni. Dolci e salati che possono essere imitati altrove, ma che qui acquistano un sapore diverso, tra i vicoletti del centro storico.
Io sono nata a Fuorigrotta, ma ho vissuto nel quartiere san Lorenzo e ho studiato al quartiere Montecalvario (Corso Vittorio Emanuele). Insomma Napoli l'ho vissuta per intera dal quartiere più popolare a quelli signorili. E Napoli è infatti, una mescolanza di contraddizioni.


Questo era il panorama che vedevo da scuola, liceo linguistico Antonio Serra sperimentale, che ogni giorno mi riempiva gli occhi e un pò mi toglieva la voglia di studiare. 
Poi, quando tornavo a casa mi rituffavo nel caos e nella delinquenza, sognando, purtroppo, di andarmene via.

Napoli potrebbe essere descritta nella contraddizione del mio ultimo viaggio: all'arrivo tentano di derubarmi appena uscita dalla stazione; il giorno dopo, una signora, perfetta sconosciuta incontrata in salumeria, regala del prosciutto al mio cagnolino. 

Napoli è illegalità continua e sopportazione. Una mattina sono stata svegliata da un autoarticolato con gru, che alle 4.30 di mattina si è messo in moto, svegliando l'intero quartiere. Tra l'altro occupava suolo pubblico senza permesso e impediva il transito delle auto. Nessuno ha detto niente. Gli operai hanno proseguito i  lavori indisturbati fino alle otto circa, probabilmente erano d'accordo con i negozianti. Poco importava svegliare famiglie intere in piena notte. Ma nessuno ha chiamato i carabinieri, nessuno si è indignato, e non si è vista nemmeno una pattuglia di polizia. 
Altra storia al centro storico, dove c'è più tranquillità, meno caos e le strade sono pulitissime, con la polizia che gira, oltre all'esercito. Due Napoli? Forse.

Voglio concludere con un aneddoto che riguarda mio padre e che fa comprendere la famosa frase: il cuore di Napoli.
Mio padre, quasi 88enne, è rimasto chiuso nell'ascensore, probabilmente dopo aver schiacciato per sbaglio. Comincia a bussare sulla porta blindata. Al secondo piano esce la signora Cotini, lo tranquillizza, chiama suo figlio, che si reca subito nello scantinato per riavviare l'ascensore. Intanto escono altri inquilini storici: i Callegari, i De Magistris, gli Autiero, che attendono l'uscita di mio padre. Quando le porte si aprono, gli fanno un grande applauso e il figlio della signora Cotini scherzando gli dice: "signor Capasso, vi ho salvato!". Io ho immaginato la scena e mi sono commossa. Anche da me una persona è rimasta bloccata nell'ascensore. Il responsabile del condominio ha chiamato l'assistenza che è arrivata subito, ma nessuna folla ad aspettare il signore bloccato, nessun applauso. Io stessa, una volta appurato che era tutto apposto, me ne sono tornata a casa tra le mie cose. E' vero che c'è una spiegazione anche logica: nel palazzo di mio padre, quelle persone ci vivono da decenni, si conoscono da generazioni, nel mio, gli inquilini cambiano in continuazione, ma anche tra quelli storici, non c'è voglia di conoscersi, di raccontarsi qualcosa, di stabilire una educata affettività. Questo mi manca. 

E' una sorta di tradizione affettiva che i napoletani, quelli buoni, si tramandano di generazione in generazione. Anche loro lavorano, anche loro hanno i loro problemi, ma quando il bisogno di un amico, un conoscente chiama, mollano tutto. Per questo sono fiera di essere napoletana.

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