Capitolo 3
Parte prima

Maddalena Brigante alle dieci di mattina era ancora a letto. Guardava con amore Adelina seduta al suo fianco, che giocava con  una bambola dai folti riccioli neri e stopposi.
Quella mattina si sentiva meglio o così voleva pensare. Qualcuno, infatti, non ricordava più chi fosse,  le aveva detto che se si è ottimisti e sereni il corpo guarisce più in fretta da ogni malattia. Quindi, ogni qualvolta un pensiero negativo le ombreggiava la mente, chiudeva gli occhi,  sospirava e si faceva coraggio da sola. Il Signore, poi, l’avrebbe di certo aiutata a superare quel momento e la Beata Vergine pure.
Era inevitabile, però, che di tanto in tanto le sue mani scivolassero sulla ferita sotto la gola e accarezzassero quella specie di mezza collana che al posto delle perline presentava delle orrende crosticine nere. E quando la vedeva riflessa allo specchio una morsa le stringeva il petto e gli occhi si inumidivano.
Il dottor Valente, primario di oncologia al Pascale, aveva assicurato che l'operazione era perfettamente riuscita. Adesso occorreva aspettare la biopsia, dopo di che si sarebbe deciso se era il caso o meno di fare un ciclo di chemioterapia.
Quella parola: 'CHE-MIO-TE-RA-PIA' le trasmetteva un terrore quasi palpabile. Era un ricordo ancora giovane quello di sua zia che dopo essersi sottoposta a un ciclo di chemioterapia si era ritrovata a soffrire di nausea, di vomito, mentre sul corpo erano apparsi lividi di diversa grandezza e i suoi capelli si erano diradati fino a sparire del tutto. Si era comprata un paio di foulard, ma più che un abbellimento sembravano renderla ridicola.
Perdere i capelli le pareva la peggiore di tutte le disgrazie.
I suoi capelli erano ancora neri, folti e lucidi come quelli di una quindicenne. Se li avesse persi come si sarebbe sentita? Come avrebbe reagito suo marito Antonio? L’avrebbe più desiderata?
Il solo pensiero la spaventava più di qualsiasi dolore o malessere. E poi, la sua testa pelata sarebbe stata la testimonianza in gigantografia della sua malattia. Tutti per strada l’avrebbero fermata per chiederle cosa le fosse successo e chi sincero e chi meno, tutti l’avrebbero sottoposta a una sorta di interrogatorio maleodorante di ipocrisia o di morbosa curiosità.
Maddalena scosse la testa mentre Adelina cambiava il vestito alla sua bambola.
«Guadda mamma, bello quetto!» diceva indicando un abitino bianco a fiori blu.
«Sì, bello, bellissimo!»
Maddalena aveva deciso: nella peggiore delle ipotesi se ne sarebbe stata chiusa in casa. C’era sua madre che poteva farle la spesa e andare a prendere Francesco a scuola in caso di urgenza.
Si sarebbe goduta la piccola Adele, avrebbe trascorso tutto il tempo a casa tenendola in ordine e pulita come una reggia. Magari avrebbe anche trascorso più tempo in cucina, imparando qualche ricetta nuova o preparando torte deliziose.
Ma perché aveva pensato peggio? Esisteva anche il meglio. Magari dalla biopsia sarebbe risultato un tumore benigno e tutto si sarebbe risolto con qualche controllo semestrale, poi annuale, infine il ritorno alla normalità.
Aveva solo 38 anni...e la nebbia della malinconia ritornava a soffocarle la mente. Cercava di allontanare il pensiero più brutto ma nella sua testa sembrava ci fossero due anime, due cervelli, due spiriti antagonisti: il suo angelo custode e un diavoletto. Il primo la rincuorava, il secondo le faceva apparire una bara con lei morta dentro e i suoi cari fuori a piangere disperati. Non poteva morire. Francesco e Adelina avevano ancora tanto bisogno della mamma.
A lei, in fondo di vivere importava sì, ma non per se stessa, quanto per poter dare tutto l’amore possibile ai suoi figli. Non avrebbe sopportato che soffrissero per la sua morte, che si trovassero soli con un padre sempre fuori per lavoro e magari una madre adottiva incapace di affezionarsi a loro. E anche se si fosse affezionata, cosa molto facile data l’amabilità naturale delle sue creature, essi non sarebbero mai stati figli suoi! Non avrebbero mai potuto amarla come amavano lei! E per tutta la vita avrebbero pianto la sua assenza.
Strinse tra i pugni le lenzuola e respirò profondamente.
Adelina adesso cullava la bambolina come per farla addormentare. Quanto era dolcee materna sua figlia!!
«Adelina vieni qua!» le disse mentre le cingeva le spallucce e l’abbracciava forte.
Le sue narici furono invase da quell’odore di pelle, l’odore unico della sua bambina e le vennero le lacrime agli occhi.
«Tesoro mio, la mamma ti vuole un mondo di bene, lo sai?»
«Sì mammina, pure io, tantissimoooo!»

(..)

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