Tratto da "Oltre il vesuvio" nuovo romanzo work in progress.

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Cosa c'era di più bello, di più emozionante che giocare a pallone? Allenarsi non era un problema Lavorare sodo non era un problema. Anche farsi male, litigare, l'importante era giocare e soprattutto vincere.
Sua madre non poteva capirlo, non poteva proprio capirlo perché lei era una donna! E una donna il calcio non lo capisce può solo occuparsi della casa, cucinare, fare i piatti, fare la spesa, stendere i panni. Ma il calcio, quello lo poteva capire solo un uomo, un maschio come lui.
Oltre al calcio, c'era soltanto un'altra cosa che lo interessava tantissimo: Carmelina del terzo piano di fronte casa sua. Carmelina aveva 2 anni in più a lui era una signorina.  Fin dalla prima volta che l’aveva vista, il cuore inaspettatamente gli era balzato nel petto.  Non riusciva a capire perché, ma qualcosa nel suo basso ventre aveva cominciato a muoversi,  come se avesse avuto degli animaletti dentro la pancia. E  il calore aveva cominciato a salire su su fino alla testa  fino a farlo sentire confuso, agitato, emozionato.  Dovevano essere quei capelli castani a boccoli che le scendevano sulle spalle  formando come delle rose  dentro i cui vortici lui l'avrebbe desiderato infilare le sue dita.  O forse erano quelle lentiggini sparse sul nasino piccolo, dritto che si affacciava su una bocca piccola ma carnosa, simile a un cuoricino rosso da baciare.  Ma forse erano soltanto quegli occhi scuri, scurissimi e grandi, grandi come quelli delle zingare che lui aveva visto ritratte in qualche quadro a casa di sua zia.  Occhi scuri e intensi dalle lunghe ciglia folte come se fossero state truccate. Ma ciò che lo faceva arrossire di più era pensare a una cosa alla quale lui sapeva bene che non doveva pensare.  Lo sapeva bene che se l'avesse raccontato a Don Antonio, lui gli avrebbe dato una bella punizione: almeno dieci Ave Maria e quattro Paternostro!  Ma come doveva fare era più forte di lui!  Quando vedeva Carmelina era vero che si incantava davanti ai suoi occhi,  era vero che si imbambolava davanti alla sua bocca,  era vero che desiderava infilare le sue dita  tra quei boccoli morbidissimi e lucenti.  Tuttavia, se c'era qualcosa che davvero lo ammutoliva  e che gli capovolgeva le viscere fino a fargli sentire un piacevole dolore, erano quei seni che tiravano la stoffa dei suoi vestitini. Alti e abbondanti, sembravano due frutti maturi e sodi,  pronti per essere raccolti, accarezzati, baciati, assaggiati.
Salvatore a metà si vergognava tantissimo di questi pensieri e a metà provava un piacere immenso  a fantasticare di quel giorno in cui finalmente avrebbe potuto toccarli. Occorreva anche trovare un modo, perché di certo Carmelina non gli avrebbe dato il permesso così  facilmente. Carmelina era una ragazzina perbene, andava rispettata. Innanzitutto avrebbe dovuto chiederle di fidanzarsi.  Poi avrebbe dovuto avere tanta pazienza. Prima avrebbero camminato un po' mano nella mano, poi lui avrebbe potuto anche abbracciarla,  accarezzarle i capelli,  dirle tante belle parole, farle tanti complimenti.  Educatamente le avrebbe chiesto di baciarla e magari mentre la baciava, chi lo sa, una mano sarebbe anche potuta salire proprio lì dove lui desiderava ardentemente arrivare.  Salvatore pensava che sarebbe anche potuto morire dopo averle toccato un seno. Pensava allo stesso tempo, che forse il coraggio non lo avrebbe mai avuto.

Di una cosa era certo però,  che belle come Carmelina non ne aveva mai viste. Se mai un giorno lei avesse accettato di diventare la sua fidanzata, dubbi non ce ne erano: l’avrebbe sposata e l'avrebbe resa felice.
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Commenti

  1. Bello questo pezzo...., descrive un'innamoramento adolescenziale, come lo abbiam vissuto più o meno tutti :)

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