Storia dei miei capelli
Ricordo 3
Il 1984 è un anno indimenticabile per me nel bene e nel male. Racchiude tra i momenti più belli della mia vita e quelli più devastanti. Il tutto nell'arco di pochi mesi. A giugno concludo le medie con il massimo dei voti e con la certezza di essere la più brava tra le femminucce e anche la più bruttina. Non ne vado fiera, ma sono rassegnata. Mai ricevuto un complimento, mai ricevuta una proposta di fidanzamento. Le mie amiche hanno avuto esperienze decisamente migliori: o fidanzate, o le più carine, sono corteggiatissime e proporzionalmente snob.
Soltanto il secchione della classe sembra un po'interessato a me, ma oltre ad avere la simpatia di un fagiolo ammuffito, veste come i personaggi del libro Cuore e quando lo incontro a Messa con i suoi familiari, mi sembra di fare un salto nel dopo guerra.
Poi a luglio il brutto anatroccolo diventa cigno. Basta un banale taglio di capelli. Li taglio davvero corti lasciandoli più lunghi avanti che essendo ricci si tengono abbastanza, ma non so per quale motivo decido di fare una permanente. Al mare ottengo ciò che desideravo: i capelli stanno da soli, non devo fare nulla. Inoltre scopro le gioie della prima bomba ormonale nei confronti di un ragazzino di Reggio Emilia, questa volta per fortuna ricambiata. Lui adora i miei capelli, li accarezza spesso, dice che sono proprio come piacciono a lui. E siccome la storia si ripete, lui vorrebbe portarmi a letto mentre io sogno di sposarlo.
Tra le gioie infinite di quei giorni, noi che ci rincorriamo in spiaggia, noi che facciamo il bagno insieme, noi che ci baciamo di nascosto in camera sua, noi che ci salutiamo dalla mia finestra ogni sera come Romeo e Giulietta, lui che mi disegna un grande cuore sulla sabbia con i nostri nomi, lui che mi regala un poster di Michael Jackson, il desiderio forte che cresce in entrambi frenato dalle reciproche paure, l'amore nella sua forma più pura e quindi forse meno duratura.
Altri tempi. Io non cambierò. Ci metterò anni per dimenticarlo anche perché al liceo linguistico di maschietti non ce ne sono e io non vivo in famiglia, ma in galera. Tutto ciò che potrò fare sarà chiamare il mio primo gatto Max, dopo anni che non ne sapevo più nulla di lui.
Torniamo al 1984. Il momento di felicità dura poco. Finisce l'estate, finisce l'amore, inizia l'inferno. Alle superiori scopro che se non sei strafiga e benestante, non esisti. Allo stesso tempo, qualcosa di imprevisto e di terribile accade ai miei capelli: diventano rossi, opachi, spenti, stepposi. Ci risiamo, penso! Sarà stata la permanente combinata con il sole. Ma c'è di più: cadono, ne cadono tanti e io resto sconvolta. Prego mia madre di fare qualcosa. Lei sostiene che sono esagerata, ma poi dinanzi ai capelli nel lavandino si decide a farmi fare una cura a base di placenta. Taglio i capelli cortissimi e per lunghe settimane mi reco dal parrucchiere per massaggi e shampi anticaduta. Il risultato dopo un circa un anno è soddisfacente, ho recuperato diversi capelli ma sono sottili. Si spezzano facilmente. E appena crescono un po' diventano crespi o stepposi. La caduta intanto continua più del normale e comincio a notare che in alcuni posti i capelli purtroppo non crescono più. Cresce invece in me il disagio. La parete della mia camera è tappezzata di poster di Michael Jackson e dei Duran Duran. È incredibile i capelli che hanno Simon Le Bon e gli altri. Gli anni ottanta sono gli anni dei capelli sparati o cotonati, colorati, rasati su suona tempia. Li vorrei come loro. Vorrei essere un po' Dark, ma i miei capelli non reggerebbero. Sono ricci come quelli di Michael Jackson, ma fini come quelli di un bambino. Niente Dark. Niente moda. Niente feste. Niente comitive. Comincio a sentirmi diversa. Ho il terrore di pettinarmi e di fare la conta dei capelli che cadono.
È iniziata la mia ossessione. Non vedo più persone, ma solo tipologie di capelli.
E io non sono più una adolescente ma una persona con problemi di capelli.
(Continua)

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