Storia dei miei capelli
ricordo 7

 parte 2

La donna che mi ospita a Richmond upon Thames osserva che nella foto che ho spedito prima del nostro incontro sembro un'altra persona.
"You are very different" mi dice. E' vero. Sono io qualche anno prima, ma foto recenti carine non ne ho, così ho riciclato quella dove avevo ancora tanti capelli e non sembro una adolescente sciatta.
Cosa mi resta di quelle tre settimane:
la pronuncia esatta di ''recipe" /respii/
(sono in cucina con l'uomo che mi ospita a casa sua e che sta preparando una gustosa frittata)
''I've had enough to eat''
(a tavola mento, dicendo che ho mangiato abbastanza, in realtà fa troppo schifo e preferisco digiunare)
''I've changed my mind''
(sarei dovuta uscire con le mie amiche ma poi ho preferito restare a casa)
Sembrano momenti banali, invece non lo sono.
Sono arrivata in Inghilterra con l'intento di non tornare più in Italia, ma la catena che tengo avvolta alla caviglia è lunga abbastanza da tenermi ben salda anche a distanza, anche fino a Richmond.
La mia presunta migliore amica ha fatto gruppo con le altre, siccome abitano più vicine, escono insieme nel pomeriggio e non mi dicono nulla. Forse perché sono l'unica che non entra nei negozi per rubare di tutto! Forse perché non lo so.
Il tempo è orrendo. E' luglio e piove tutti i santi giorni.
La signora che mi ospita parla un inglese che non comprendo. Dopo qualche giorno ha mollato e ha smesso di parlarmi. La mia compagna di camera è spagnola. Mi invita una sera con i suoi amici ma nessuno parla inglese! Bevono come dei matti, mentre io odio la birra. Me ne vado a casa prima dimenticandomi le chiavi. Scavalco il giardino del retro rischiando di passare per ladra e sbucciandomi un ginocchio.
Dopo circa due settimane non ne posso più. Odio quel clima da film dell'orrore, odio quel cibo insapore e inodore, non ce la faccio più a sentire suoni che non riconosco come parole, mi manca il caldo, la mia famiglia, il sole di Napoli, l'estate, l'umorismo.
Capisco che fuggire in Inghilterra sarebbe peggio che restare a Napoli. Non ho la forza. Ho mentito a me stessa.
E poi che lavoro potrei fare? Non sono nemmeno maggiorenne. Ecco che elaboro mentalmente tutta una serie di scuse per scappare.
Con il senno di poi, adesso con la testa bucata che mi ritrovo ora, direi: RESTA! In Inghilterra sarei stata bene alla fine. Avrei lavoricchiato, avrei studiato e sarei stata accettata per quello che sono. Magari avrei trovato anche il mio gruppo dark e fondato una band.
Ma sono un uccellino che non ha mai volato. Non sono abbastanza forte, non sono abbastanza matura.
E poi mi assale la solita paura: troverei lavoro con questi capelli che mi fanno sembrare sempre disordinata e più vecchia della mia età? Ignoro il fatto che gli inglesi a differenza degli italiani non danno nessuna importanza all'aspetto esteriore. Adesso so che avrei trovato lavoro.
Ma ''adesso'' coincide con ''è troppo tardi.''.
Guardo la mia faccia inespressiva nello specchio con i bigodini: tornerò a Napoli.
(continua)

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