Storia dei miei capelli
Ricordo n°10
E' il giorno del mio matrimonio. Lo sanno in parecchi tranne il mio parrucchiere Philip, a lui non l'ho detto. Lui sa solo che deve pettinarmi come meglio riesce. Philip è simpatico. Ha un nome inglese perché sua madre è inglese e ha vissuto praticamente tutta la vita in Inghilterra. Non so davvero per quale motivo folle abbia deciso di trasferirsi in un paese anonimo come Rocca d'Evandro l'ultima provincia di Caserta prima di sfociare nella Ciociaria. Philip è bravo a tagliare i capelli, a volte parliamo in inglese, anche se non ha tanta voglia di parlare.
E' moro, magro con una barbetta fine. La cosa che odio di lui è che talvolta mi mette in testa l'asciugamano ancora umida. Purtroppo il suo negozio è in una zona nascosta tra i vicoletti del paese dove il sole non si affaccia quasi mai, per cui penso che farebbe meglio a comprare delle asciugamani in più per le sue clienti. O forse riserva quelle belle asciutte per le clienti più abituali che magari spendono di più.
O forse semplicemente non se ne fa un problema perché io, scema, non mi lamento.
Perché non gli ho detto che oggi è il giorno del mio matrimonio? Perché mi avrebbe consigliato delle pettinature con extension che in giorni normali mi sarebbero costate una certa cifra, ma essendo il giorno del mio matrimonio quasi sicuramente mi avrebbe chiesto il triplo. Si chiama affare dal suo canto, frode dal mio. Per altri si chiama commercio.
Poi ci sono altre motivazioni che mi hanno spinto a non dirgli nulla: la prima è che io sostengo l'inutilità di spendere cifre al di fuori della propria portata per il giorno del matrimonio. Lo trovo sciocco. La seconda è che i soldi nemmeno ce li ho, quindi, invece di indebitarmi, opto per una scelta saggia: pettinatura semplice, dato che ho anche i capelli corti e radi. Sarà sufficiente una coroncina di fiori a farmi sembrare più carina.
In fondo, dentro di me forse so che questo non sarà il giorno più bello della mia vita. Ho già trascorso un giorno memorabile circa un mese prima quando mi sono laureata e me ne attende un altro di lì a tre mesi: la nascita di Lorenzo. Sì, perché mi sono sposata incinta di 6 mesi. In realtà nel 1998 i miei legami con la Chiesa cattolica non sono ancora del tutto recisi, per cui penso bene che mio figlio dovrà essere battezzato da una coppia sposata in Chiesa.
Rileggendo quello che ho scritto finora, si fonda in me la convinzione di essere sempre stata una fuori di testa.
Quando Philip mi chiede dove devo andare, io gli rispondo: "A un matrimonio" e me la rido sotto i baffi.
Il tempo intanto sarà clemente a metà. Dopo le due del pomeriggio, terminato il rituale delle foto, il cielo si oscurerà a notte. Un presagio? Un avvertimento? O il Signore che si arrabbia perché ho indossato l'abito bianco quando sono anni che ci do dentro? No, è semplicemente aprile.
Io sono soddisfatta. Con pochi soldi, i miei parenti hanno mangiato benissimo e a sazietà. La musica è stata piacevole e tutto è terminato ad un orario ragionevole.
In foto vengo bene, Philip è stato davvero bravo a nascondere i buchi in testa. E poi ho il viso rotondetto delle donne gravide a rendermi graziosa.
Sono felice perché Lorenzo ha scalciato per tutto il tempo della Messa e del matrimonio.
Mia zia Elena mentre mi scateno in una Macarena con altri parenti mi sussurra: "nun te sbattere troppo!" e sorride con affetto.
Ma io so che andrà tutto bene.
Lorenzo sarà un bimbo vivace, penso. Gli sto insegnando a ballare.
E avrà dei capelli bellissimi.

Commenti

Post popolari in questo blog